di Francesca Radaelli
Chissà che paura deve avere avuto.
Il 18 novembre 1307 nella piazza del borgo di Altdorf, nel Cantone Uri, in mezzo alle montagne del massiccio del San Gottardo, un uomo tende la corda della sua balestra. La folla lo osserva, muta.
Lui è un cacciatore e quel gesto lo ha compiuto tante volte. È uno dei migliori del suo villaggio, che si chiama Burglen e si trova poco distante da lì, le sue frecce sono sempre andate a segno, hanno sempre centrato il bersaglio. Ma ora sente dei rivoli di sudore scendergli lungo la fronte e le guance, inarrestabili. O forse sono lacrime, non lo sa.
Quello che sa è che stanno scavando, che gli stanno riempiendo la faccia di solchi. Lo sente e lo sa. Sono come quei torrenti che da millenni scavano quelle valli, che hanno dato forma alle montagne in cui il suo popolo abita da secoli e continuano a plasmarle, anno dopo anno, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Persino in quel momento, mentre lui si trova lì in quella piazza, in mezzo a tutta quella gente ci sono decine di torrenti che proseguono il loro lavoro con pazienza e tenacia.
Ora però deve concentrarsi, fissare bene il bersaglio, cercare di non abbassare lo sguardo, di non guardare neppure cinque centimetri più in basso. Perché lui è Guglielmo Tell, e cinque centimetri più in basso della mela che colpirà con la freccia che sta per scoccare ci sono gli occhi di suo figlio.
Chissà che paura deve aver avuto.
Lui quel cappello non l’ha proprio visto, lui stava camminando al fianco di Gualtierino, suo figlio, tenendolo per mano, e quel cappello in cima all’asta, nel mezzo della piazza di Altdorf non l’ha proprio visto.
D’altronde quel cappello è una novità, l’ultima trovata del vecchio Gessler, il balivo che amministra i beni dei padroni di quei luoghi, ossia della famiglia Asburgo. Il vecchio Gessler ha deciso di porre il cappello imperiale nelle piazze delle città, tutti passando devono chinare la testa perché quello è il simbolo dei famosi Asburgo. Ai popoli delle valli quel cappello non piace affatto, loro gli Asburgo non li hanno mai visti, bofonchiano contrariati, ma chinano il capo. Anche se il loro mormorio si fa di giorno in giorno sempre più forte e forse ha raggiunto le orecchie del vecchio Gessler. Nulla di tutto ciò, però, è giunto alle orecchie di Guglielmo di Burglen, che ha un’ottima mira e la fama di miglior tiratore di tutto il Cantone, ma vive un po’ sulle nuvole e non è nemmeno venuto a conoscenza della nuova regola del cappello. D’altronde gli ultimi giorni li ha trascorsi nei boschi, a insegnare al piccolo Gualtierino i segreti della caccia.
Il popolo in piazza rumoreggia quando Guglielmo viene arrestato, Gessler decide una punizione esemplare: “Mi dicono che hai una mira infallibile”, dice spezzante al prigioniero. “Se vuoi essere salvo dovrai colpire questa mela che metterò sulla testa di tuo figlio. Se rifiuti la prova, entrambi sarete condannati a morte”.
Ora Guglielmo Tell sente torrenti freddi scavargli le guance. E un freddo tremendo appoggiato sul cuore. È la punta di ferro della freccia che ha nascosto sotto la giacca, pronto a scagliarla contro il tiranno se solo – non osa nemmeno pensarci – qualcosa non andasse per il verso giusto. Lui, l’arciere infallibile, teme di fallire. In ogni caso, forse, non vuole lasciarsi sfuggire la vendetta verso l’uomo che potrebbe trasformarlo nell’assassino di suo figlio.
Accade tutto in un attimo. La freccia colpisce la mela, l’altra cade dalla giacca. Le guardie arrestano Guglielmo Tell. La prigione è al di là del lago che oggi si chiama dei Quattro Cantoni e mentre guardie e prigioniero lo attraversano scoppia la tempesta. È Guglielmo, abilissimo timoniere, che porta tutti sull’altra sponda. Ma, liberato, ne approfitta per fuggire. E uccide il vecchio Gessler con la freccia che gli ha destinato.
È questo il momento in cui Guglielmo di Burglen diventa qualcos’altro. L’assassinio del tiranno Gessler dà il via alla ribellione del popolo svizzero, che conquista la libertà dagli Asburgo. E celebra tutt’oggi Guglielmo Tell come eroe nazionale.
Un simbolo, certo. Una leggenda. Un uomo forse mai esistito davvero. Ma c’è una data, il 18 novembre, e una storia che prosegue. La storia dell’arciere infallibile che ebbe timore di fallire continua.
Perché un giorno, quando ormai la Svizzera è libera e Gualtierino è divenuto Gualtierone, un bambino cade nello Schachen. Lo Schachen è uno dei torrenti che secolo dopo secolo, anno dopo anno, giorno dopo giorno, scavano il paesaggio in cui Guglielmo è cresciuto e, ora, invecchiato. Scavano le montagne come il sudore e le lacrime di fronte agli occhi di suo figlio sotto la mela avevano scavato quel lontano giorno di novembre le sue guance e per sempre il suo cuore.
Senza pensarci due volte Guglielmo si tuffa. Il piccolo è salvo, ma la corrente del fiume trascina via il corpo del vecchio cacciatore.
Si dice non sia mai esistito davvero. Non si sa se davvero un tempo nella piazza di Altdorf c’era il cappello imperiale. Di sicuro ora c’è la statua di Guglielmo Tell.