La gloriosa

di Eleonora Duranti

Prosegue il nostro percorso alla scoperta di capolavori dell’arte che ispirano un racconto. Questo è dedicato al famoso quadro “La libertà che guida il popolo” di  Eugène Delacroix.

Nel 1829, Carlo X di Borbone, re di Francia, successore di Luigi XVIII, insedia a Parigi un governo clerical-reazionario guidato da Jules de Polignac, capo della “Congregazione”, una setta legata all’ambiente dei Gesuiti. Tale governo non esita a sciogliere il parlamento, a sospendere la libertà di stampa, a modificare il sistema elettorale a proprio vantaggio e a indire nuove elezioni. Dal 27 al 29 luglio 1830, il popolo insorge, regalando, alla Storia, le cosiddette “Tre Gloriose Giornate”. Delacroix realizza quest’opera in soli tre mesi. Forse perché impaziente di ricordare all’Europa, e al mondo intero, l’eterna lotta per la libertà dei parigini.|

Parigi chiama alla Rivoluzione.

Parigi è stanca. Inquieta. Rabbiosa.

Ancora una volta, ha sopportato troppo. Si è affidata a una speranza vana. E ha commesso un errore.

Ingenuità?

O mera stupidità?

Poco importa…

Parigi freme. Trema. Ruggisce come un leone ridestato da un letargo cui non era avvezzo.

Brama il passo concitato della sommossa. L’odore acre del fumo. Il rumore sordo degli spari.

E il calore…

Quel calore intenso che rende secca la gola e così indomito il cuore.

Già…

Il cuore!

Il mio, lo sento battere appena. Piano, lento, irregolare… Quasi abbia paura di sgretolare le mie povere ossa e squarciare il mio debole petto.

Non resisterà a lungo…

Io, non resisterò a lungo.

Il suo ritmo, poi, ricorda quello dei tamburi che accompagnano il disgraziato al patibolo…

Che diavolo!

Oggi, quel disgraziato, sono io. Sono io, che sto per gettarmi tra le braccia della Morte…

Ma, Dio mi sia testimone, sto sorridendo. Nonostante le vesti lacere. Nonostante la nudità. E nonostante il calzino sfilato.

Perché Parigi merita il mio sorriso, seppur incrinato in una smorfia… Insieme al mio perdono.

Inoltre…

Non posso sfigurare ai piedi della gloriosa fanciulla.

“La vittoria è vicina”, sembrano promettere i suoi occhi…

“La giustizia vi sostiene”, sembrano gridare le sue labbra…

“La libertà è vostra”, sembrano affermare i suoi seni, morbidi e sodi come quelli che ci hanno svezzati…

È una fiera che nessun uomo, assennato o pazzo che possa essere, oserebbe mai ridurre in catene. Nessuno, fra noi, oscurerebbe la sua luce.

Né il soldato che mi ha preceduto all’Inferno, steso laggiù…

Né il monello che sta brandendo una pistola, anzi due, come se fossero bambole…

Che assurdità!

Non sa, forse, che, alla sua età, non dovrebbe giocare a fare l’adulto?

Se ne fossi in grado, lo costringerei a correre via, a gambe levate… E gli imporrei di godersi i suoi sciocchi anni di bambino…

Nemmeno il borghese, impeccabile nel suo gilet, ha il coraggio di avanzare… E di porsi in prima linea. Per quanto superbo, anche il suo sguardo è sgomento…

Agogna un conforto amico. Una presenza materna. Un segno divino.

Le campane di Notre Dame non fanno che affrettare il mio trapasso…

Le sento implorare, in lontananza.

È, dunque, ora?

E sia…

Insorgi, Parigi mia…

Riposa, cuore mio…

E, tu… Tu, gloriosa fanciulla, la cui corona è un vecchio berretto frigio, trionfa!

Saldo è, il Tricolore, nella tua mano.

E ha un sapore di libertà, il mio sospiro.

[Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830. Olio su tela, 235×260 cm. Parigi, Museo del Louvre.]

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