di Mattia Gelosa
Era il 24 ottobre 1993 quando, sotto le straordinarie volte affrescate da Giotto della Basilica di San Francesco d’Assisi, debuttava la “Messa Arcaica” di Franco Battiato. Un’opera per soli, coro e orchestra che racchiude tutto il senso della musica, della vita e della spiritualità di Battiato.
L’esecuzione della “Messa” nel 2017 fu l’ultimo concerto dell’artista e giovedì 16 maggio, trent’anni dopo la prima, è stata riproposta al Duomo di Milano come evento di inaugurazione delle attività della “Fondazione Franco Battiato”, recentemente fondata dalla nipote Cristina.
La lunga fila che si forma per entrare in Duomo colpisce subito alla vista e per fortuna la pioggia ha appena smesso di cadere. Con il biglietto in mano ci sono persone di ogni età, moltissimi giovani e studenti, persino stranieri: la coda parla spagnolo, francese, tedesco, segno che Battiato e la sua spiritualità sono davvero riusciti ad unire popoli e culture diverse.
L’ingresso in Duomo è un’immersione nella penombra e nel silenzio, la frenesia di Milano e dei rumori dei lavori di smantellamento del palco del Concertone di Radio Italia restano fuori, sul sagrato.
La serata in Duomo si è aperta con la consegna, da parte dell’Assessore alla Cultura di Milano, Tommaso Sacchi, a Cristina Battiato di una pergamena alla memoria del Maestro con il seguente testo: “A Franco Battiato che in Città, dove fu residente dal 1967 al 1989, iniziò la sua carriera e affermò il suo percorso artistico e culturale, realizzando a Milano tutte le fasi di composizione, arrangiamento e registrazione dei suoi grandi successi musicali di quel periodo”.
Poi, le luci calano ancora di più e la chiesa si immerge nel silenzio.
Entrano in scena gli interpreti: il Coro da Camera di Torino diretto dal M° Dario Tabbia, l’Orchestra da Camera Canova sotto la guida del M° Antonio Ballista (direttore già della Prima con Battiato), Carlo Guaitoli al pianoforte, Angelo Privitera tastiere e programmazione, le voci di Lorna Windsor, mezzosoprano, e Giovanni Caccamo nel ruolo che all’epoca era di Battiato.
D’un tratto, una nota di pianoforte dà il via al “Kyrie”, primo brano della composizione. Si tratta di un brano di ben 14 minuti fatto di note leggere, soffusi riverberi di tastiere, brevi aperture di coro e orchestra.
La dimensione della musica è di raccoglimento e meditazione e si capisce perché Battiato amasse quest’opera in modo particolare: ti costringe ad alzare al massimo il livello di attenzione, a catturare gli armonici che restano nell’aria e che riecheggiano tra le colonne del Duomo dando un senso di luce e di pace quasi tangibile. L’ascolto è difficile, la musica è priva di accompagnamento ritmico, le note sono eteree e distese. Una composizione così vive e ha senso solo in una chiesa, perché Battiato l’ha costruita pensando anche all’effetto acustico dell’eco e dal vivo questo si percepisce.
Quello che sul disco sembra un brano ostico e onestamente molto noioso, dal vivo risplende.
I 14 minuti passano quasi veloci (anche se qualcuno a fine brano se ne va) e il coro intona il “Gloria” e poi si passa al “Credo”, il momento più vivace della suite, introdotto da un breve passaggio di percussioni.
Qui entrano in scena i solisti e, se la mezzosoprano sembra a volte forzare troppo la voce, Giovanni Caccamo è invece bravissimo e vocalmente limpido e preciso. Il suo timbro ricorda Battiato senza imitarlo e la sua gestione delle emozioni è toccante.
Orchestra, coro e soli si amalgamano al meglio e la Messa entra nel vivo.
Velocissimi arpeggi di pianoforte si interrompono di colpo chiudendo il “Credo” e lasciando spazio al “Sanctus”, dove torna protagonista il coro e dove si torna ad una musica calma, con i tappeti di tastiere a sostenere declamazioni basate su note molto lunghe.
Il finale è poi il bellissimo “Agnus dei”, forse il momento più toccante di tutta l’opera. Si tratta di una preghiera cantata che impone lunghe note sussurrate: mette a dura prova la gestione del fiato e la tenuta dell’intonazione, anche perché il dialogo tra la voce e gli arabeschi dell’orchestra diventa più che mai serrato.
Caccamo non sbaglia e l’esecuzione, 45 minuti totali circa, si chiude con grandi e sentiti applausi. Per lui, per il coro, per i giovani musicisti dell’Orchestra Canova.
La musica ferma di Battiato ha immerso un migliaio di persone in un vero e proprio rito religioso collettivo, per cui, a fine concerto, alzarsi e tornare fuori nell’aria fredda di Milano sembra quasi fare un torto all’artista.
Invece, la città accoglie il pubblico con un cielo terso di un azzurro intenso e con una grande luna che risplende sopra il Duomo.
Come se certe note avessero davvero portato la luce, non sono nell’animo dei presenti.
Video della prima: https://www.youtube.com/watch?v=G7oOlSpaKn8