di Alessandro Porto
Erano le 22:30 a Manhattan, quando la quieta atmosfera di Central Park fu infranta dall’esplosione di alcuni colpi di pistola. Il noto cantante John Lennon era stato ucciso. Se ne andava così, in una tranquilla serata di dicembre, la vita di uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi, ex componente dei Beatles, nonché icona indiscussa del movimento pacifista. Aveva trascinato con sé le folle, prima con l’esperienza nella nota band inglese, poi come cantante solista; aveva emozionato il mondo con il brano Imagine, vero e proprio manifesto musicale del movimento hippie.
Era conosciuto non solo per essere un grande uomo, quanto per la sua generosità e sensibilità, eppure ora il suo corpo giaceva esanime sul prato del suo lussuoso appartamento. La moglie, Yoko Ono, aveva chiamato prontamente un’ambulanza, tuttavia, quando il cantante era giunto in ospedale, ogni tentativo di rianimarlo era ormai vano.
Grande uomo, già da bambino: la sua creatività e quel suo essere tanto eccentrico non erano certo sfuggiti ad amici e professori. Con passione si fiondava su ogni forma d’arte, dalla pittura alla musica, mostrando in entrambe grande talento. Strano forse pensare che un uomo come lui, pacifista per natura, sia nato durante un bombardamento da parte dei tedeschi sulla città di Londra, ma forse proprio per questo si impresse in lui un sentimento di rivalsa contro la violenza.
Non fu ovviamente la sua una vita di soli successi: la morte della madre Julia, forse la sua più grande musa, investita da un poliziotto ubriaco nel 1958, lo segnò nel profondo, così come la morte dello zio George nel 1953, la dipendenza dall’eroina o l’allontanamento e la definitiva rottura nel 1970 con i Beatles. Quest’ultima viene imputata da molti proprio alla compagna Yoko Ono, la quale avrebbe portato John ad un progressivo distaccamento dagli altri componenti della band. Ma la sua carriera artistica non era certo finita: molte furono le collaborazioni con altri noti cantanti, con Yoko Ono stessa e da solista.
L’assassino, un certo Mark Chapman, lo uccise a sangue freddo, esclamando: “Hey, Mr. Lennon”, mentre i proiettili fischiavano rapidi nell’aria. Il movente dell’omicidio sarebbe rimasto un mistero: a detta del killer, la volontà di uccidere Lennon era imputabile al fatto che tra le persone più famose, egli fosse quello più esposto e facilmente raggiungibile.
Un puro, semplice, gratuito, atto di follia. Le ceneri del grande artista sarebbero state disperse nell’Atlantico, come da sua volontà. Una cosa è certa: lui continua a vivere nella sua arte, nelle sue parole, nella sua musica e per ricordarlo vorrei lasciarvi con una sua citazione, proprio sul tema della morte:
« Non ho paura di morire, sono preparato alla morte perché non ci credo. Penso che sia solo scendere da un’auto per salire su un’altra. »