Vivono in uno dei campi profughi più grandi del Libano, ma per Fatmir e Osama – rispettivamente dieci e dodici anni – la vita nelle tendopoli è ancora più dura. Ai due bambini sono stati diagnosticati disturbi a livello neurologico
che per la bambina significano autismo con epilessia, mentre per Osama si declinano in un ritardo del linguaggio e difficoltà motorie. Per loro e altri bambini palestinesi che abitano i campi profughi del Libano è stata pensata la scuola di musicoterapia «Music and Resilience», un progetto di cooperazione internazionale per alleviare, con le note, i traumi e l’isolamento sociale che riguardano i giovani palestinesi rifugiati in Libano.
L’iniziativa, che è aperta a tutti i ragazzi dei campi profughi, assume ancora più valore per quei bambini colpiti da disabilità come nel caso di Fatmir e Osama. In quattro anni infatti la musicoterapia ha aumentato la capacità della bambina di reagire all’ambiente circostante, anche attraverso il ballo come risposta alla musica; mentre Osama è persino riuscito a memorizzare delle brevi canzoni e ha migliorato la funzionalità di mani e piedi.
Certo, nel quadro precario di un campo profughi, i progressi sono lenti ma la musicoterapia è un’opportunità.
Ilaria Beretta