La sindrome da Post Covid19

di Roberto Dominici

Nel corso degli ultimi mesi sono stati molti i casi di persone che, dopo essere guarite dal Covid-19, hanno affermato di continuare ad avere problemi di salute di vario genere, anche a distanza di tempo. Veri e propri strascichi del Covid difficili da superare.

La maggior parte delle persone che hanno contratto il Covid-19 riesce a recuperare completamente entro due mesi. Alcuni, invece, continuano a presentare disturbi e manifestazioni cliniche per più tempo. Questi strascichi a volte sono così severi da impedire alla persona che ne soffre di ritornare a condurre una vita normale.

Tale condizione, per gli inglesi Long Covid e per noi sindrome post Covid-19, indica l’insieme dei disturbi e delle manifestazioni cliniche che persistono dopo l’infezione, rappresentando una specie di continuazione della malattia.

Un vero problema che può portare a conseguenze sanitarie anche piuttosto pesanti. Con il termine Long Covid si intende una sindrome post-virale che può debilitare una persona sotto molti aspetti anche per parecchie settimane dopo la negativizzazione, e cioè dopo la guarigione e la conseguente eliminazione del virus dall’organismo.

La durata della persistenza dei sintomi non sembra essere collegata all’intensità degli stessi durante la malattia: può succedere, infatti, che anche le persone che hanno avuto una forma lieve di Covid-19 sviluppino problemi a lungo termine.

La letteratura scientifica attuale preferisce fare una distinzione a proposito della sindrome che si presenta in seguito a malattia acuta:

  1. se i sintomi si presentano tra la quarta e la dodicesima settimana dalla malattia acuta, si parla di Covid-19 sintomatico subacuto;
  2. se i sintomi si presentano anche dopo la dodicesima settimana dalla malattia acuta, si parla di Covid-19 cronico o Sindrome post-Covid-19 o più semplicemente di Long Covid.

È molto importante individuare prima possibile eventuali effetti a lungo termine: i medici di medicina generale devono monitorare attentamente i pazienti che hanno avuto il Covid-19 per verificare sintomi e disturbi permanenti anche dopo la guarigione dall’infezione, anche se il virus non è più presente nell’organismo. I disturbi caratteristici del Long Covid possono essere causati da diversi meccanismi:

  1. un danno diretto agli organi del corpo provocato dal virus o dalla malattia;
  2. effetti e compromissione del sistema nervoso;
  3. risposta anomala del sistema immunitario che, nel tentativo di eliminare il virus, innesca una specie di autoimmunità per cui aggredisce “per sbaglio” anche organi e tessuti del proprio corpo, danneggiandoli.

Rispetto ad agosto del 2020 quando solo circa il 10% dei pazienti guariti dal Covid-19 era affetto da Long Covid, stime più recenti mostrano che la percentuale di persone guarite dall’infezione da SARS-CoV-2 che necessita di assistenza sanitaria anche a distanza di settimane o mesi dalla negatività al test si aggirerebbe intorno al 50% (quindi una persona su due fa esperienza di questa patologia). Riguardo alla durata dei sintomi, uno studio pubblicato su Nature Medicine ha analizzato più di 4.000 pazienti guariti dall’infezione da SARS-CoV-2, ottenendo che:

il 13% delle persone coinvolte nello studio presentava i sintomi del long Covid per più di 28 giorni;

il 5% per più di 8 settimane;

il 2% per più di 12 settimane;

I sintomi del Long Covid possono interessare diversi organi. Non è ancora chiaro se sono causati direttamente dal virus o se sono provocati dallo stress o dal trauma dell’infezione. Il sintomo sicuramente più diffuso è la stanchezza, seguito dalla perdita del gusto e dell’olfatto. Un altro sintomo riportato molto frequentemente è la “nebbia mentale”, condizione caratterizzata da problemi di memoria e di concentrazione in aggiunta alla costante sensazione di stanchezza.

Dal punto di vista scientifico questa condizione è nota come “encefalomielite mialgica” o “sindrome da stanchezza cronica”, che in molti casi si manifesta proprio in seguito a un’infezione. I meccanismi alla base dello sviluppo di questa condizione, però, non sono ancora del tutto chiari.

Difficoltà ancora maggiori sono poi riscontrate da chi deve imparare a gestire malattie croniche preesistenti con tutti gli altri sintomi del Long Covid: vertigini, mal di testa, difficoltà nel sonno, respiro corto ed altri ancora. Se trascorsi due mesi dalla negativizzazione alcuni sintomi persistono ancora, è meglio rivolgersi al proprio medico curante perché potrebbe trattarsi di Long Covid.   

A quel punto saranno prescritti esami specifici per controllare lo stato psicologico e il funzionamento di diversi organi, come il cuore o i polmoni. Ad oggi, purtroppo non esistono terapie specifiche per curare i disturbi legati al Long Covid. Si è costretti a convivere con i sintomi fino alla loro regressione e cercare per quanto possibile di alleviarli, risalendo alle cause e trovando soluzioni personalizzate per ogni paziente.   

Le terapie possono prevedere: esercizi di riabilitazione fisica; diete alimentari per riprendere peso o massa muscolare o, al contrario, per perdere peso; supporto psicologico per coloro che presentano stress post-traumatico.

Un recente studio italiano pubblicato sull’ importante rivista JAMA, coordinato dalla dottoressa Maria Rescigno dell’Humanitas condotto su 2560 operatori sanitari di otto ospedali tra Lombardia e Piemonte, prima e dopo l’arrivo dei vaccini, ha evidenziato che con tre dosi di vaccino a mRNA si è più protetti dal Long Covid, indipendentemente dalla variante da cui si è stati colpiti. La seconda e la terza dose riducono al 16% la prevalenza della persistenza dei sintomi del Covid, rispetto al 42% che si verifica in media nella popolazione non vaccinata.

L’obiettivo dello studio è stato di identificare la protezione del vaccino verso il long covid i soggetti positivi al virus. La popolazione ospedaliera è ideale come oggetto di studio in quanto plurivaccinata, sottoposta al test di ricerca per SARS Cov-2 ogni due settimane e a test sierologici, il che ha reso possibile anche l’identificazione dei soggetti asintomatici.

La ricerca, durata due anni, ha fotografato lo stato del sistema immunitario dei soggetti inclusi nello studio durante il susseguirsi delle diverse varianti, inclusa omicron e gli effetti della vaccinazione. 

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