di Virginia Villa
“Le sentenze non devono essere commentate, si devono rispettare”. E’ un mantra che ci siamo abituati a sentire e che, nel corso degli anni, è stato ripetuto più volte; nessuno ha mai obbiettato questo dogma, almeno fino a giovedì 30 settembre.
Erano le h18.30 di giovedì quando, finita la giornata di lavoro, ho letto le notizie della giornata. Tutti i quotidiani riportavano in evidenza la stessa notizia: “Mimmo Lucano condannato a 13 anni e 2 mesi”. Seguo da tempo la vicenda che vede Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, protagonista. Dopo aver letto la sentenza mi sono più volte chiesta il perchè, non riuscendo a trovare risposta.
A quelli che dicono che “le sentenze non si devono commentare” preferisco l’opinione del costituzionalista Stefano Ceccanti: “Le sentenze si devono commentare, con rispetto sì, come si deve in una democrazia fondata sulla separazione dei poteri, ma si possono e devono commentare, come gli atti di qualsiasi potere, perché nessun potere è a priori infallibile”. E, infatti, tutti hanno commentato questa sentenza perché nessuno si aspettava un epilogo simile. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire cosa ha fatto Mimmo Lucano e, soprattutto, cos’è il modello Riace al centro di questa condanna.
MIMMO LUCANO E IL MODELLO RIACE
Sebbene dal 2018, anno dell’operazione Xenia da parte della Guardia di Finanza, sia bollato come un fuorilegge e un criminale, Mimmo Lucano è considerato da tutti coloro che lo hanno conosciuto un uomo buono, gentile e solidale. Ha sempre amato la politica, intesa come strumento per un governo giusto che non guardi agli interessi personali, ma che garantisca a tutti le stesse possibilità; di questa politica ne ha fatto una missione, prima con la fondazione di “Città Futura”, poi con la creazione del “Modello Riace”, un sistema di integrazione e accoglienza “diffusa”.
Ma cosa prevede questo modello? Il “modello Riace”, è un sistema basato su un rovesciamento di prospettiva: i migranti non come un problema da risolvere ma come un’opportunità per contrastare lo spopolamento e salvaguardare attività artigianali e vecchi mestieri altrimenti destinati a scomparire. Queste persone, anziché finire in centri di accoglienza temporanei, vengono ospitate nelle vecchie case del borgo, in alloggi indipendenti e subito inserite nel tessuto cittadino. Il sistema prevede che i fondi stanziati dal governo per l’accoglienza siano trasformati in “borse lavoro”, coinvolgendo cooperative locali. Per riuscire in questo intento, Mimmo Lucano ha creato anche una sorta di “moneta” alternativa che permettesse ai migranti di acquistare cibo, vestiti e ricariche telefoniche, così da agevolare l’autonomia e l’integrazione.
Nel 2004 Mimmo Lucano si candida per la prima volta a sindaco, vincendo. Riace diventa il primo comune italiano, assieme a Trieste, a partecipare al sistema per l’accoglienza Sprar che verrà poi smantellato da Salvini quando era ministro dell’Interno.
IL PRIMO ARRESTO
Nel 2016 un ispettore inviato dalla Prefettura di Reggio Calabria, evidenziò delle criticità relative agli aspetti amministrativi e organizzativi del “Modello Riace”, ma questo uscì indenne dalle successive due valutazioni.
L’anno successivo, il 2017, la Procura di Locri iscrisse Mimmo Lucano nel registro degli indagati con le accuse di abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata. Sempre nel 2017, il Ministero dell’Interno escluse completamente Riace dai finanziamenti statali per il mantenimento del sistema d’accoglienza: 165 rifugiati, inseriti nella società, si ritrovarono per strada.
Infine arriviamo al 2018. Il 2 ottobre Mimmo Lucano venne ufficialmente messo agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sentenza aggravata successivamente dall’applicazione del divieto di dimora a Riace poi, fortunatamente, revocato.
Nell’ambito del processo “Xenia” sui presunti illeciti nella gestione dei migranti, la Procura di Locri aveva chiesto per Lucano una condanna a 7 anni e 11 mesi.
LA CONDANNA DEFINITIVA
Giovedì 30 settembre, Fulvio Accurso, il giudice eletto senza voti da parte della commissione incarichi direttivi, ha emesso la sentenza di primo grado di giudizio: 13 anni e 2 mesi di carcere, raddoppiando la richiesta dei pubblici ministeri Michele Permunian e Marzia Currao (7 anni e 11 mesi). Una sentenza ingiusta, e sicuramente abnorme se paragonata ad altri casi, che ha lasciato perplesse e orfane di speranze moltissime persone che credono nell’accoglienza, nella solidarietà e nell’integrazione.
L’avvocato Giuliano Pisapia, che in tutti questi anni è stato accanto a Mimmo Lucano durante i processi, ha espresso la sua amarezza nei confronti di una “sentenza molto ingiusta”, ribadendo che l’unico scopo di Lucano era quello “di salvare vite”.
Per Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, la sentenza emessa contro Mimmo Lucano è «spropositata e sproporzionata» che «si aggiunge a una serie di azioni giudiziarie ostili nei confronti del mondo che accoglie e soccorre». Anche Emergency ha voluto intervenire sul caso Lucano, specialmente perchè testimone del “Modello Riace”: “In attesa di leggere le motivazioni della sentenza, vogliamo esprimere la nostra vicinanza a Mimmo Lucano per il verdetto che lo colpisce così duramente. Abbiamo conosciuto l’esperimento di Riace e facciamo fatica a pensare che potesse essere altro che un modello di accoglienza che ha parlato al mondo di un’integrazione possibile e concreta». Per Luca Casarini, capo missione di Mediterranea Saving Humans, «la sentenza contro Mimmo Lucano è una delle pagine più nere della storia della Repubblica. Il libro ormai è grande, pieno di queste pagine scritte da sinceri “democratici” contro “criminali” che pretendevano un mondo meno orribile».
LA COLPA DI MIMMO LUCANO
A sostenere Mimmo Lucano sono in tantissimi e ne sono testimonianza i molti cortei organizzati nelle diverse città italiane con lo scopo da una parte di mostrare solidarietà a Lucano, dall’altra per manifestare contro una sentenza ingiusta. Ed è proprio qui il nodo di tutta la storia: l’ingiustizia. Coloro che mostrano vicinanza a Mimmo Lucano sanno benissimo che l’ex sindaco di Riace ha qualche “colpa” e questa risiede nell’aver forzato una legge ingiusta che ha intasato i tribunali e riempito le carceri, una legge che sancisce che migrare è illegale e mettersi al servizio delle persone migranti è un atto criminale.
Per questo motivo sono d’accordo con i promotori del sit-in bolognese a sostegno di Mimmo Lucano i quali affermano che “la condanna di Mimmo Lucano entra in una ormai ventennale tendenza di criminalizzazione delle migrazioni, della solidarietà e della libertà di movimento, che passa per la legge Bossi-Fini, i decreti sicurezza (solo parzialmente messi in discussione) per arrivare alle recenti politiche di esternalizzazione delle frontiere europee verso la Turchia e la Libia e le sanzioni pecuniarie e amministrative che hanno preso di mira le navi che prestano soccorso umanitario nel Mar Mediterraneo”.
La storia del mondo e quella dell’Italia è piena di obiettori di coscienza che, non condividendo la legge perché ritenuta moralmente inaccettabile, si sono dichiarati disposti a pagare un prezzo anche eccessivo pur di non sottomettersi ad essa. La storia ha sempre dato ragione agli obiettori. Se così non fosse, oggi non esisterebbe il Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano.
LE CONTRADDIZIONI ITALIANE
C’è da chiedersi perchè mentre nel 2017 in Italia la procura di Locri iscrive Mimmo Lucano nel registro degli indagati per abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata, in giro per i convegni del mondo il “Modello Riace” viene considerato una pratica di accoglienza da studiare e imitare. Come è possibile che un modello così detestato e contestato in Italia, dove è nato, abbia addirittura ispirato il film “Il volo” del grande regista Wim Wenders.
Ed infine viene da chiedersi perchè nel nostro paese chi si mette al servizio degli altri, dei più deboli, viene sempre fermato attraverso sanzioni e arresti, mentre chi fa della politica il proprio altare di odio e discriminazioni, rimane sempre impunito. Non so se queste domande troveranno risposta, ma è comunque importante porsele, specialmente oggi.
LA DICHIARAZIONE DI MIMMO LUCANO
Al termine della sentenza, con le lacrime agli occhi abbiamo sentito le parole di Mimmo Lucano cariche di tristezza e rassegnazione: “questa è una vicenda inaudita. Sarò macchiato per sempre per colpe che non ho commesso. Mi aspettavo un’assoluzione. Ho speso la mia vita per rincorrere ideali contro le mafie. Ho fatto il sindaco, mi sono schierato dalla parte degli ultimi, dei rifugiati che sono arrivati. Mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra ed è stata un’esperienza indimenticabile, fantastica. Però oggi devo prendere atto che è finito tutto”.
CONCLUSIONE
Mimmo Lucano ci ha mostrato che un’alternativa è possibile, un modo innovativo e solidale non solo per accogliere coloro che fuggono dalle violenze, dalle guerre e dalla fame, ma anche per ridare vita ai luoghi abbandonati della nostra Italia.
Qualcuno disse che “la storia insegna, ma non ha scolari”, e forse non aveva tutti i torti.