di Roberto Dominici
L’annuncio della scoperta di 7 esopianeti (ad oggi l’elenco è di 44 pianeti extrasolari confermati) simili alla terra, orbitanti attorno ad una stella con caratteristiche che consentirebbero la vita come noi la conosciamo, riapre ancora una volta la “big question”, sulla possibilità dell’esistenza di vita extraterrestre.
La scoperta è stata fatta grazie al metodo del transito che consiste nella rilevazione della diminuzione di luminosità della curva di luce di una stella quando un pianeta transita di fronte alla stella madre. La diminuzione è correlata alla dimensione relativa della stella madre, del pianeta e della sua orbita.
Trappist 1 è una stella nana rossa ultrafredda di classe spettrale M8, distante 39,5 anni luce dal sistema solare, osservabile nella costellazione dell’Aquario. Una piccola nana rossa che ha l’8% della massa del Sole, appena al di sopra del limite che le consente di innescare la fusione dell’idrogeno da convertire in elio al suo interno. La sua temperatura effettiva è di appena 2550 Kelvin, rispetto ai 5778 del Sole e il suo raggio è del 12% rispetto a quello solare. Con un’età attorno ai 500 milioni di anni si tratta di una stella relativamente giovane, tuttavia data la piccola massa vivrà molto più a lungo di una stella di tipo solare (10 miliardi di anni).
Quando parliamo di condizioni che permetterebbero la vita su un pianeta, ci riferiamo a vari fattori come la presenza di acqua allo stato liquido, che presuppone una distanza adeguata rispetto alla stella tale per cui non evapora e non congela, e la presenza di una atmosfera in grado di ripararci dalla radiazione ultravioletta con un effetto serra adeguato cioè con una capacità del pianeta di trattenere nella propria atmosfera parte dell’energia proveniente dalla sua stella, tutti aspetti che hanno permesso la vita sulla nostra amata Gaia. In merito agli esopianeti ci sono da considerare aspetti negativi.
Come per la maggior parte dei pianeti situati nella zona abitabile di stelle nane rosse, essi sono probabilmente in rotazione sincrona (un corpo orbitante si dice in rotazione sincrona quando il suo periodo di rotazione è uguale al suo periodo di rivoluzione), e hanno probabilmente enormi differenze di temperatura tra la faccia sempre illuminata (dayside) e quella sempre scura (nightside); per questa ragione potrebbero essere presenti dei venti molto forti intorno ai rispettivi pianeti e in tal modo la vita nelle regioni più esposte, così come in quelle meno esposte alla illuminazione della stella sarebbe praticamente impossibile, rendendo dunque i posti migliori per la vita vicino alle regioni crepuscolari, interposti tra le due facce.
Inoltre un altro aspetto negativo per la presenza di vita è la variabilità intrinseca delle nane rosse, spesso soggette a brillamenti molto più violenti rispetto alle stelle di classe G come il nostro Sole, in grado anche di spazzar via l’atmosfera di pianeti posti a così breve distanza. Un altro importante problema è la difficoltà di raggiungere per l’uomo distanze così lontane.
Una volta che avremo accertato che quei pianeti sono abitabili, rimane il problema di come raggiungerli. A meno che di riuscire a viaggiare per mezzo della ipervelocità della propulsione a curvatura (warp drive) che è un immaginario tipo di propulsione che permette alle navi stellari dell’universo fantascientifico di Star Trek di viaggiare a velocità superluminali, cioè superiori alla velocità della luce.
Nelle serie e nei film di Star Trek la propulsione a curvatura è un espediente narrativo indispensabile in quanto giustifica la possibilità del viaggio interstellare “alla ricerca di nuovi mondi e nuove civiltà”. Chiudo riportando una frase di Enrico Fermi il cosiddetto paradosso di Fermi che sorge nel contesto di una valutazione della probabilità di entrare in contatto con forme di vita intelligente extraterrestre. Il paradosso si riassume solitamente nel seguente ragionamento e conseguente domanda: a fronte dell’enorme numero di stelle visibili nell’universo osservabile sembra naturale pensare che la vita possa essersi sviluppata in un grande numero di pianeti e che moltissime civiltà extraterrestri evolute si siano potute produrre durante la vita dell’universo. Ma allora la domanda è: ” Se l’Universo e in primis la nostra galassia pullula di civiltà sviluppate, dove sono tutti quanti?” Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non abbiamo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali ?”.