di Fabrizio Annaro e Daniela Zanuso
Con la mia mente ti chiedo perdono, con i miei occhi ti chiedo perdono, con la mia bocca ti chiedo perdono, con le mie braccia ti chiedo perdono.
Non è poesia. Sono parole pronunciate da un ex soldato americano che ha fatto la guerra in Vietnam.
Da un elicottero militare, che sorvolava la giungla, un tempo habitat dei guerriglieri vietcong, l’ex soldato sparava con un mitragliatore, come quelli che si vedono nei film di guerra. Sparava e uccideva. Tante persone, molte di più di quelle presenti nella sala dove, quelle parole, sono state pronunciate.
Una grande sala, fra le mura del carcere di Monza, gremita da detenuti che ascoltano in silenzio, turbati dalle parole e dai pensieri del monaco americano buddista, Claude Anshin Thomas.
“La mia infanzia e la mia adolescenza sono state nel segno della violenza. Avevo 17 anni quando è scoppiata la guerra in Vietnam. A 18 anni mi sono arruolato nell’esercito americano e sono partito. Ero elicotterista mitragliere, sparavo a quelli che stavano sotto di me. Non ero consapevole di quello che facevo. Cinque volte i vietcong hanno fatto precipitare l’elicottero. L’ultima caduta è stata drammatica. Ferito in tante parti del mio corpo ho trascorso parecchi mesi in ospedale. Quando ne sono uscito ero dipendente da farmaci e droghe. E’ stato il tempo dell’angoscia: droghe, alcool, donne. Ho conosciuto anche il carcere. Ma il passato e il dolore non ti abbandonano. Sono entrato in una clinica per seguire un percorso di disintossicazione. Il medico mi disse: se vuoi puoi guarire, questa cura ti salverà! Se così non sarà, risposi, brucerò la clinica! Oggi la clinica c’è ancora! Sono stato ordinato monaco buddista Zen in Giappone. Possiamo affrontare le nostre angosce, imparare a gestire la violenza che è in noi, la mancanza di pace e sconfiggere il desiderio di vendetta. Per farlo dobbiamo scoprire e conoscere noi stessi. Io cerco di vivere in pace la mia mancanza di pace“.
Lui oggi vive di carità. Non possiede nulla, non maneggia denaro, anche se, con un sorriso sornione, non ci nasconde che gli piacerebbe guidare una Maserati. Confessa che ancora oggi dorme poco la notte e spesso sogna la guerra, si sveglia sudato, angosciato.
Il suo suggerimento per tutti è questo: “Iniziamo la giornata praticando un semplice esercizio: quando ci alziamo rifacciamo il letto come se non ci avessimo mai dormito, sediamoci e cominciamo ad inspirare con il naso ed espirare con la bocca per cinque minuti. Attraverso il respiro possiamo iniziare a conoscere il profondo di noi stessi, prendere consapevolezza del nostro corpo, della nostra mente.”

Tante le domande che gli ospiti della casa Circondariale gli hanno rivolto. Thomas ha camminato tra le persone durante tutta la conferenza. Ha fatto domande dirette: cos’è per te la cosa più importante? La vita, la famiglia … Ha parlato in inglese tradotto dal Monaco italiano Paolo Kyodo Urbinati. che lo accompagna durante queste testimonianze.
Monaco Thomas, tra le tante cose, ci ha fatto capire che viviamo tutti connessi. Il bene che compiamo edifica tutti, il male che si diffonde danneggia tutti, non solo quelli che lo hanno subito, ma tutta l’umanità.
Stupisce la lirica del perdono rivolta personalmente a ciascun detenuto … Con la mia mente ti chiedo perdono, con i miei occhi ti chiedo perdono, con la mia bocca ti chiedo perdono, con le mie braccia ti chiedo perdono …
L’iniziativa è stata promossa dal Carcere di Monza in collaborazione con Associazione Liberation, Prison Project