di Giovanni Di Pasquale
La storia della scienza e della tecnica mette in evidenza come, spesso, lo stesso oggetto sia stato inventato più volte, in tempi e luoghi diversi. E’ quanto accaduto ad Antonio Meucci (1808-1889): oggetto della disputa il telefono, invenzione che produsse una rivoluzione non solo nel modo di comunicare, ma nella vita delle persone. Dall’altra parte l’americano Graham Bell (1847 – 1922), l’ingegnere di origine scozzese il cui cognome avrebbe finito con l’identificare la più grande compagnia telefonica americana. Dunque, Meucci nel 1862 oppure Bell nel 1876?
Antonio Meucci nasce a Firenze nel 1808. E’ durante uno dei suoi primi impieghi, quello di macchinista al teatro La Pergola di Firenze, che comincia a inventare dispositivi meccanici. Notato e apprezzato proprio per questa sua capacità, Meucci viene assunto all’interno della “Grande Compagnia Italiana” che sbarca a Cuba. Ancora impiegato come capo macchinista al teatro dell’Avana, Meucci comincia a interessarsi all’elettricità e alle sue proprietà. Si occupa, inoltre, di elettroterapia, applicazione all’epoca molto popolare della corrente elettrica in campo medico. Uno dei suoi pazienti, colpito da una scarica eccessivamente forte, emette un grido che Meucci coglie distintamente attraverso il cavo. Siamo nel 1849 e Meucci ha intuito il procedimento attraverso il quale ottenere il trasferimento della parola mediante un cavo elettrico. Nel 1850 la famiglia Meucci si trasferisce a New York. E’ in questo periodo che Antonio incontra, all’interno della già numerosa comunità italiana, Giuseppe Garibaldi che per qualche tempo lavorerà con lui alla produzione di un’altra invenzione del Meucci, le candele che non colano cera.
Quando, a causa di un incendio, la fabbrica di candele va a fuoco, Meucci torna a riflettere sul “telettrofono”, l’antesignano del telefono che, se perfezionato, potrebbe consentire di comunicare a distanza. Un appunto del 1857 di Meucci descrive così l’apparato cui sta lavorando: «consiste in un diaframma vibrante e in un magnete elettrizzato da un filo a spirale che lo avvolge. Vibrando, il diaframma altera la corrente del magnete. Queste alterazioni di corrente, trasmesse all’altro capo del filo, imprimono analoghe vibrazioni al diaframma ricevente e riproducono la parola».
E’ qui che il destino interviene a modificare il corso degli eventi. Un incendio sul traghetto sul quale si trovava nelle acque di Staten Island, a New York, lo costringe a riposo forzato in ospedale per lungo tempo. Pressata dalle difficoltà economiche e col marito ancora in ospedale, la moglie di Meucci vende a un rigattiere disegni, dispositivi e materiali riguardanti il “telettrofono”: il compenso, sei dollari.
Una volta rimessosi, Meucci deve ripartire da zero. Inoltre, una volta ricreati i disegni e i modelli, non dispone dei soldi per il brevetto. Nel 1872 riesce finalmente a consegnare i disegni del telettrofono alla “American District Telegraph” di New York, società per la quale sta in quel momento lavorando anche Graham Bell. E’ dal 1871 che, all’Università di Boston, Bell aveva cominciato a lavorare a un apparato in grado di trasmettere tanto le note musicali quanto le parole pronunciate. Quattro anni dopo, il 14 febbraio 1876 Bell presenta la richiesta di brevetto per il proprio apparecchio, al fine di proteggere “il metodo e l’apparato per trasmettere la voce o altri suoni telegraficamente […] per mezzo di ondulazioni elettriche, simili, in forma, a quelle che accompagnano l’emissione della voce e dei suoni nell’aria”. Insomma, è nato il telefono e, con esso, nel 1877 vede la luce la “Bell telephone company”, la prima compagnia telefonica al mondo.
Dopo la morte di Meucci si protrarrà a lungo la polemica circa la paternità di quella che, a Roma, è definita “invenzione del secolo”. In Italia vi è il fascismo, che oltre a celebrare i fasti della Roma imperiale vede di buon occhio tutte le applicazioni della tecnica la cui diffusione accresca il riconoscimento internazionale di un paese dal grande passato, ma il cui presente non regge il passo con le potenze industriali che hanno celebrato con eventi memorabili, in particolare le Esposizioni Universali di Londra 1851 e Parigi 1889, l’avvento di una nuova stagione per l’umanità caratterizzata da una notevole corsa verso il progresso.
Il riconoscimento della paternità dell’invenzione del telefono, dunque, non poteva che aumentare il prestigio internazionale dell’Italia, i cui studiosi si schierano a sostegno di Meucci. Il Respighi scrive un saggio dal titolo “Per la priorità di Antonio Meucci nell’invenzione del telefono” (1930); altrettanto fa anche Sebastiano Timpanaro, autore di un saggio intitolato “Illuminazioni scientifiche. Antonio Meucci e il telefono“, nel quale dimostra che tutto era già stato intuito e logicamente ordinato dal Meucci ben prima che altri facessero propria questa fondamentale invenzione.
Con un atto pubblico risalente al 2002 il governo americano ha riconosciuto la fondamentale partecipazione di Meucci relativamente all’invenzione del telefono.