di Eleonora Duranti
“La Gioconda” di Leonardo è, senza dubbio, uno dei quadri più studiati e analizzati di sempre. Che sia per il sorriso della sua misteriosa nobildonna, per i contorni sapientemente sfumati o per la bravura indiscussa dell’artista, la tavola infrange le barriere del tempo, affascinando generazione dopo generazione. Come direbbe il Vasari, «veramente mirabile e celeste fu Lionardo figliuolo di ser Piero da Vinci»… E, noi, non avremmo che da asserire.
Dunque è questo, il mio ritratto, Leonardo?
Sono io, questa donna?
È così che mi vedete? È così che appaio al mondo?
Con questo colorito olivastro e questi capelli crespi e senza forma?
Con questo sguardo enigmatico, quasi scaltro, e questo sorriso appena accennato, che potrebbe essere di timidezza quanto di ironica sufficienza?
Oh…
Perché mi avete dato un’espressione tanto ambigua, Leonardo? Perché mi avete conferito un qualcosa che non possiedo?
Osservando il vostro quadro, direi che colei che l’ha ispirato è custode di inconfessabili segreti…
I suoi occhi, le sue labbra, il suo naso persino confondono anche il pubblico più stoico e le sue mani… Ecco… Le sue mani non fanno che incrementare la sua aria di mistero.
Insomma, Leonardo…
Quale stramberia vi è mai passata per la testa?
Chi vi ha autorizzato a dipingermi sotto questa luce? Chi ha nutrito la vostra, non certo discreta, immaginazione?
Giuliano, forse? Oppure Giovanni?
Sicuramente, non il povero Piero…
Ebbene…
La famiglia Medici è potente a tal punto? Addirittura, è in grado di influenzare a proprio piacimento la reputazione di una donna?
O, il colpevole, siete soltanto voi?
Beh…
Prima o poi, mi dovrete delle spiegazioni…
Avete disegnato una creatura tronfia di enigmi e, decisamente, non mi rispecchia.
Sapete…
Non sono incline a quei trucchi e a quelle malizie che molti imputano al gentil sesso… Sono una femmina onesta e rispettabile, priva delle vostre ombre e dei vostri chiaroscuri…
Siete fortunato che abbia un animo mite… Preferisco la clemenza al rancore… Poiché sono convinta che il dovere di ogni buon cristiano è concedere il perdono.
Siate pure sollevato quindi e consegnate la vostra opera al suo committente, chiunque egli sia…
Ho una condizione però.
Promettetemi che il mio nome non verrà mai associato a questo frutto distorto del vostro genio. Pensate a un titolo importante ma inconsueto, che abbia la stessa risonanza di un evento epico. E aggiungete uno sfondo altrettanto vago, un paesaggio comune ma, al contempo, difficile, se non impossibile, da identificare.
Nulla deve essere definito… Nulla deve essere banale o di facile interpretazione.
Il mio ritratto, Leonardo, dovrà ingannare persino le menti più acute.
Dovrà passare alla Storia…
Fare la Storia.
Ora posso svelarvi il mio unico, piccolo, segreto…
La vostra ambizione vi ha reso cieco, Leonardo…
A causa sua, avete sottovalutato la mia.
Leonardo, Monna Lisa (La Gioconda), iniziata nel 1503-1506 e ripresa nel 1513-1515. Olio su tavola, 77×53 cm. Parigi, Museo del Louvre