di Fabrizio Annaro
Il Cardinal Martini era una persona riservata, di grande personalità. La sua presenza a molti metteva soggezione. In realtà chi lo ha conosciuto da vicino, lo ricorda come una persona con un grande senso dell’umorismo, di grande cultura e carisma. Prima di essere nominato Cardinale della Diocesi milanese si era occupato di studi biblici in qualità di Rettore del Pontificio Istituto Biblico. La nomina a Cardinale di Milano aveva suscitato qualche perplessità.
È stato sempre un esegeta. Nel comunicare con i fedeli, con le parrocchie e con l’opinione pubblica ha sempre utilizzato lo stesso metodo: per comprendere le vicende del nostro tempo Martini cercava le soluzioni in un passo della Bibbia, in una parabola evangelica, fra le righe di una citazione di un profeta. Esplorare nelle pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento, ripercorrere i racconti del popolo ebraico, era il metodo scelto dal Cardinal Martini, nato a Torino il 15 febbraio 1927, per interpretare e capire la Storia e i nostri tempi.
Martini è stato un profeta perché ha saputo cogliere in anticipo l’evoluzione sociale e culturale del nostro tempo. Aveva colto perfettamente la fine della figura “dell’uomo massa” e dell’esigenza per la Chiesa di mutare atteggiamento cercando di essere sempre più propositiva e sempre più in dialogo con le persone e con l’opinione pubblica.
Martini è stato cardinale di Milano in una fase storica veramente complessa. È stato un operatore di pace: i terroristi di Prima Linea hanno abbandonato la violenza e a lui consegnato le armi. È stata una voce di grande autorevolezza soprattutto durante Tangentopoli, in un momento particolarmente difficile della storia politica italiana e di quella milanese.
Un altro successo di Martini è stata la cattedra dei non credenti. Ma soprattutto un approccio che ha risolto una lunga polemica o meglio un equivoco culturale che ha visto contrapposti credenti e non credenti, laici e cattolici.,
In verità Martini invitando in Duomo filosofi e docenti a riflettere e discutere sulla fede, ha cambiato il modo di pensare di tante persone, cattolici compresi, costringendoci a interrogare la nostra coscienza in modo da dare spazio al “credente” o al “non credente” che dialogano e convivono e dentro di noi.
Molti lo avrebbero voluto Papa, me compreso, ma le sue condizioni di salute gli hanno impedito di varcare la soglia del Vaticano. Quando ha lasciato la cattedra di Sant’Ambrogio ha deciso di recarsi a Gerusalemme, centro e origine della vita cristiana. In diverse occasioni aveva espresso il desiderio che la cattedra di Pietro si trasferisse da Roma a Gerusalemme, sede naturale della casa cristiana.
Per custodire l’eredità di Martini è nata una fondazione titolata al suo stesso nome e il 18 febbraio al Centro San Fedele si svolgeranno molte iniziative per ricordare il suo pensiero e la sua figura.
“Un reading per illustrare le potenzialità del nuovo Archivio digitale e presentare il terzo volume dell’Opera omnia martiniana, una mostra di ispirazione ecumenica dell’artista israeliano Shay Frisch, un concerto di musica sacra del Coro da camera di Varese costituiscono il cuore di “Io ci sono”, un evento pensato per approfondire – con stili e linguaggi diversi – un’eredità che, partendo da Milano, ha potuto irradiarsi ben oltre il perimetro diocesano per divenire punto di riferimento importante per credenti e non credenti.”