“Il dolore ti dà forza”. Così esordisce con noi Saba Masoumian, 34 anni, persiana di Teheran, vincitrice del Premio Artivisive San Fedele 2015-2016. Ha vinto la sua opera, “Mare asciutto”, un video struggente.
In una casa, apparentemente abbandonata, comunque fatiscente, musiche e canti accompagnano i ricordi e gli incubi di un passato lontano, di cui, comunque, si ha nostalgia. E’ il passato di Saba che ora vive a Bologna e che preferisce vivere in Italia perché qui si sente più libera come donna e come artista. Saba ha interpretato così il tema di questa edizione “Esodo. Cammini di liberazione”.
Oltre a lei, altri nove giovani artisti, tra i 26 e i 35 anni, precedentemente selezionati, hanno elaborato l’argomento con tecniche e modi differenti.
“Se l’Esodo è un uscita dalla schiavitù – scrive il filosofo Salvatore Natoli – i dolori della vita sono anch’essi esperimenti di prigionia. Il dolore è una schiavitù. Nella vita, qualche volta, si riesce a uscire da questa prigionia.”
Parole che ritroviamo nel lavoro dei giovani del Premio San Fedele.
Natoli con docenti come Silvano Petrosino e Roberto Diodato, e con il teologo e politologo Padre Bartolomeo Sorge, e ovviamente con Padre Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele, hanno approfondito un tema così complesso con i giovani artisti e in tutte le dieci opere avvertiamo il senso di questa riflessione. Certo con esiti e sensibilità diverse.
Oltre a Saba Masoumian, hanno vinto Amedeo Abello e Matilde Piazzi, secondo e terzo posto. Menzione speciale a Iacopo Pasqui. A Matilde Piazzi è andato anche il Premio Paolo Rigamonti.
Il lavoro di Matilde si intitola “Les Ritals”. In una rivista e la stampa di due fotografia su tessuto racconta la tragedia dei minatori di Marcinelle. Emigranti italiani che negli hanno ’50, hanno lasciato il loro paese per il Belgio alla ricerca di una vita migliore e hanno perso la vita in miniera. Amedeo Abello con l’opera Greetins from Italy realizza un’installazione di cartoline in bianco e nero. Primissimi piani di giovani stranieri, tutti con gli occhi chiusi, che vivono in Italia portando qui la loro cultura. L’opera di Iacopo Pasqui si intitola “1999″, si tratta di di una specie di diario fotografico sulla vita di sei sedicenni. Adolescenti che vivono una condizione di passaggio tra l’abbandono dell’infanzia e la vita adulta, dunque un esodo.
Daniela Annaro