di Paola Biffi
Nelle mattine piovose e fredde come quella di questo sabato 15 ottobre non si ha voglia di svegliarsi, di uscire di casa, di varcare la porta e tuffarsi nel grigio autunnale della Brianza. Quello che di solito spinge ad alzarsi e uscire di casa, è sapere che, chiusa una porta, se ne possa aprire e varcare un’altra: quella della nonna che ha fatto il pollo a mezzogiorno, quella del bar con le brioches calde, quella della biblioteca e, in questo particolare sabato, la Porta del Dialogo.
L’evento organizzato per la penultima ufficiale tappa della Porta, che ha avuto sede sotto i portici del P.I.M.E (Pontificio Istituto Missioni Esteri) di Monza, ha visto la partecipazione dei diversi enti che hanno accolto l’iniziativa nata a maggio 2016, e ha raccolto, durante la mattinata, diversi spunti di riflessione, che testimoniano come il tema del passaggio e del cambiamento possa prendere direzioni sempre nuove.

L’incontro è iniziato con le domande della Redazione di ScaccoMatto, come sempre dirette e incisive, tanto da mettere in difficoltà l’artista: “Cosa provi quando, tornando a casa, varchi la porta d’ingresso? Quale porta vorresti varcare? Hai mai origliato?”. Il pubblico si è poi spostato al caldo, dove per primo Frate Alberto, dei frati francescani, ha voluto condividere ciò che la Porta gli ha suscitato attraverso le parole di S. Francesco: “E io sempre resto davanti alla porta e dico: “Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte. E quegli risponde: Non lo farò.

Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là. Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima”. Davanti a una porta chiusa, ci suggerisce Frate Alberto, sta a noi avere la forza e la fede di aprire la nostra porta all’altro.

A ciò si collega la testimonianza dell’Hospice Santa Maria delle Grazie, un luogo dove si aprono porte che nessuno vorrebbe mai aprire. All’hospice, ci racconta Sara una giovane volontaria, le porte, una volta aperte, mostrano nuovi orizzonti, e la porta di una stanza 102 di pochi metri quadrati si rivela l’ingresso di una nuova amicizia, di un nuovo modo di vedere la vita, proprio quando la vita sembrava non avere più spazio.

Il parroco della parrocchia San Gerardo, Don Massimo ha voluto invece richiamare a una porta quasi fantascientifica, ovvero quella che Truman, del film “The Truman Show”, varca alla fine del film per uscire dal mondo falso che gli avevano costruito su misura, per scoprire il mondo della verità, con le sue meraviglie e le sue guerre. Per il parroco, infatti, la porta è simbolo di verità e intercessione. Ci stiamo avviando verso la conclusione della mattinata, intermezzata dalla lettura di un testo di Stefano Benni del giovane attore Simone Giacobbe.

La parola passa ai padroni di casa, padre Francesco, missionario del P.I.M.E, chiama a parlare due seminaristi: una porta, ci dicono, ci spinge sempre ad una scelta, è un ingresso o un’uscita, un incontro o una fuga e la porta dell’umano è il volto. Guardando il volto di una persona, possiamo decidere se accoglierla nel nostro sguardo, oppure chiuderci nel pregiudizio. Una porta di dialogo è allora una comunicazione, un impegno, non unilaterale, manda un messaggio e ne riceve un altro, è intesa.

Dopo un intervento di un operatore della Cooperativa Lambro, che si occupa di assistenza e aiuto in situazioni di fragilità, concludono il giornalista Luigi Losa e l’arciprete Monsignor Silvano Provasi attraverso l’immagine di una porta che raccoglie l’umanità, un simbolo di impegno per costruire un umanesimo in cui le eccellenze sanno dialogare con le fragilità. Si chiude così anche questo incontro generato dalla porta del dialogo, certificando il suo sottotitolo: “Nessuno si salva da solo.” L’incontro fra le genti e le culture spalanca le porte.

Brava Paola Biffi! Evviva la Porta de “il Dialogo di Monza”