Lavoratore da “Cassa”

Come cambia il mondo del lavoro. Testimonianza di Davide Villa fra cassa integrazione, smartworking e ferie obbligate.

La pandemia e il suo impatto nelle nostre vite lavorative mi hanno fatto diventare familiari due termini che per motivi diversi mi sembravano lontani ed irraggiungibili.

Il primo è sicuramente l’italianissimo “Smartworking”, dato che non esiste tale parola nel mondo anglofono. Lavorare da casa, lavorare intelligentemente, lavorare senza dover per forza timbrare un cartellino. Una rivoluzione copernicana nel mondo delle aziende italiane, dato che spesso si associava il rendimento di un impiegato più alle sue timbrature che alla produttività vera e propria.

Quante volte si valutava come realmente proattivo solo chi spendeva ore e ore dietro alla scrivania in straordinario invece di valutare quanto producesse nelle 8 ore richieste?
Conoscevo realtà aziendali con dimensioni globali di stampo statunitense in cui questa schiavitù del cartellino non esiste, in cui tu come lavoratore gestisci i tuoi orari e come portare avanti i progetti affidati.

Ogni mese in una riunione esponi i traguardi raggiunti e viene fatta una valutazione sulla tua produttività e capacità di gestione. Poco importa dove lavori e quanto lavori se sai essere produttivo. Che tu sia in ufficio o a casa mentre il tecnico della caldaia ripara il manometro non è rilevante, sarà il tuo lavoro e non la tua presenza dietro una scrivania a definire il tuo valore. Una coesione tra lavoro e vita privata che riesce a creare tempi nuovi, condivisi tra vita privata e professionale, tra famiglia e carriera.

Mi sembrava fantascienza, una cosa che difficilmente avrei potuto veder in una azienda di stampo italiano. E invece … In poche settimane tutte le grandi aziende nazionali hanno dovuto creare un modello lavorativo a distanza, in remoto, da casa. Ovviamente non tutti i lavori sono così facilmente gestibili da remoto, ma spero vivamente che tra i lasciti di questa pandemia ci sia, anche in Italia, che lavorare senza cartellino “SI PUO’ FARE!!”.

Non solo trasformando 8 ore di ufficio in 8 ore di pc da casa (già un discreto miglioramento) ma riconoscendo una flessibilità di orari che è sempre più necessaria per poter vivere lavorando anche vite fuori dal lavoro. Chiedendo ai datori di lavoro fiducia nei lavoratori, chiedendo ai lavoratori di dimostrarsi meritevoli di fiducia.
In emergenza è stato possibile, perché non nella normalità?

La seconda parola diventata di uso comune, almeno per me, è stata Cassa Integrazione. Se lo smartworking ci proietta nel futuro, questa è invece una parola che speravo fosse, almeno per la mia carriera, relegata nel passato tra le cose di un’altra epoca. Ed invece eccomi ad aver fatto per più di due mesi un mix tra lavoro da casa e lavoro da CASSA.

La cassa integrazione, un sistema di garanzia del reddito da lavoro gestito dall’INPS attivo dal secondo dopoguerra, ha secondo la definizione della Treccani “l’obiettivo della salvaguardia economica dei lavoratori dipendenti in caso di sospensione o riduzione dell’attività dell’impresa, determinate da eventi transitori e non imputabili alla volontà dell’imprenditore o dei lavoratori, o a situazioni temporanee di mercato (congiuntura negativa, crisi settoriali ecc.)”.

Questo ammortizzatore sociale italiano l’ho conosciuto tramite i telegiornali, associandolo spesso a situazioni lavorative caratterizzate da gestioni miopi o poco trasparenti.
E, invece, ecco che questo strumento diventa familiare per tutti, che tu sia azienda piccola o multinazionale con migliaia di dipendenti. Garantire a tutti una parte del proprio stipendio, nonostante le chiusure, i mercati fermi e le difficoltà mondiali ha dato a tanti lavoratori la sicurezza economica necessaria a sopravvivere.

Mi ha fatto pensare che, in un mondo del lavoro sempre più moderno, fluido ed intangibile, le righe scritte 73anni fa da un gruppo di uomini che volevano ricostruire un Paese distrutto siano incredibilmente moderne: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Il lavoro è un diritto, il lavoro è il fulcro di ogni stato. Non possiamo dimenticarlo nei periodi in cui tutto fila liscio, è importante non darlo per scontato nei momenti di crisi.

Sono fortunato a lavorare, sono fortunato nonostante tutto ciò che viene detto a lavorare in Italia. Il nostro mondo del lavoro può migliorare, crescere, evolvere, essere declinato in maniere diversa rispetto a quello che conosciamo. Credo però che se c’è una cosa che questa pandemia mi ha insegnato è che il lavoro è una sicurezza che va tutelata.
Pochi paesi al mondo sono capaci a far questo come l’Italia, e io ne sono immensamente grato.

Per me, mia moglie e per mio figlio che arriverà.

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