Le buone notizie del 2021 da Amnesty International

Le migliori  buone notizie sui diritti umani del 2021 da Amnesty International.  

Sentenza storica: Shell condannata a risarcire tre agricoltori del Niger

Il 29 gennaio la Corte d’Appello dell’Aja, nei Paesi Bassi, ha giudicato il gigante petrolifero Shell responsabile dell’inquinamento da idrocarburi causato dalla sua sussidiaria Shell Nigeria nella regione del delta del fiume Niger.

La causa era stata intentata 13 anni fa da tre agricoltori che avevano accusato Shell di aver reso sterili i loro terreni e avvelenato le vasche per gli allevamenti del pesce. In primo grado, la giustizia olandese aveva dato loro torto, sostenendo che la casa madre non poteva essere ritenuta responsabile dell’operato di una sua sussidiaria. In appello questa posizione è stata ribaltata e per questo si deve parlare di una sentenza storica. 

Abolita la pena di morte in Virginia

Alle 14 ora locale del 24 marzo il governatore Ralph Northam ha firmato la legge che era stata approvata all’inizio del 2021, con tempi sorprendentemente solleciti e con discrete maggioranze, dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato dello stato. La decisione è davvero storica considerando anche che dal 1977, anno della ripresa delle esecuzioni, la Virginia era stata seconda solo al Texas per numero di condanne a morte eseguite, ben 113.

La liberazione di paladini della libertà e dei diritti umani

Germain Rukuki, difensore dei diritti umani del Burundi, è stato finalmente scarcerato il 1° luglio!  Rukuki era stato arrestato nel 2018 e condannato, unicamente per le sue attività in favore dei diritti umani, a 32 anni di carcere.

Il 23 agosto è stata rilasciata Ikram Nazih, condannata a giugno a 3 anni di carcere per “offesa alla religione” per aver condiviso, nel 2019, una vignetta satirica sul suo profilo Facebook. La sua pena è stata ridotta a due mesi, già scontati

Dopo un incubo durato quasi 10 anni, il 27 ottobre 2021 è tornato in libertà Ali al-Nimr, nipote del leader della minoranza sciita dell’Arabia Saudita Nimr al-Nimr, messo a morte nel gennaio 2016.

Ali al-Nimr era stato arrestato nel febbraio 2012 per presunti reati collegati alle proteste degli sciiti nella Provincia orientale. All’epoca aveva 17 anni. Insieme a lui erano stati arrestati altri due minorenni, Dawood al-Marhoun e Abdullah al-Zaher, rispettivamente di 17 e 15 anni.

I tre ragazzi erano stati condannati a morte nel 2014. Poi, nel 2020, un decreto reale aveva ordinato che le condanne a morte emesse nei confronti di rei minorenni venissero commutate. Il 7 gennaio 2021 le tre sentenze erano state sostituite con la pena di 10 anni di carcere. Considerati i nove anni già trascorsi in cella, le scarcerazioni avrebbero dovuto aver luogo nel febbraio 2022.

Ali al-Nimr è uscito dal carcere con qualche mese di anticipo. Amnesty International continuerà a inviare appelli alle autorità saudite affinché anche al-Marhoun e al-Zaher siano scarcerati.

Ben tornato alla vita Patrick

Patrick Zaki sarà finalmente scarcerato, anche se rimane ancora sotto processo. Il 7 dicembre il tribunale ha deciso di liberare Patrick in attesa della prossima udienza che si terrà il primo  febbraio 2022.

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