di Francesca Radaelli
Fotografie: ©Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico
Quaranta città del mondo riunite in una sola.
È questa l’impressione che si può avere visitando la mostra “Le mie città” a Palazzo Reale a Milano, dedicata al fotografo milanese Gabriele Basilico a dieci anni dalla morte. L’esposizione, visitabile fino al prossimo 11 febbraio, si compone di circa 200 opere, provenienti dall’Archivio Basilico.
Lo spazio del Lucernario è stato dedicato alle “Sezioni del paesaggio italiano”, un’indagine sulla trasformazione del paesaggio nazionale realizzata per la VI Biennale di architettura di Venezia del 1996, in collaborazione con Stefano Boeri. Si tratta di 96 stampe di 30 x 40 centimetri che fotografano sei sezioni di territorio, da nord a sud dell’Italia, idealmente corrispondenti a circa 50 km ognuna, che uniscono un’area urbana consolidata a una zona suburbana densamente popolata.
La Sala delle Cariatidi ospita invece 100 fotografie di oltre 40 città del mondo, fra cui Shanghai, Rio de Janeiro, San Francisco, Mosca, Londra, Parigi, Istanbul, Tel Aviv, Boston, Liverpool, Roma, Berlino, Lisbona, Valencia, Gerusalemme, Beirut, Amman, Montecarlo, Hong Kong.
Prospettive frontali si alternano a prospettive verticali, vedute panoramiche a “pezzi” di architettura cittadina, selezionati con cura, anzi quasi letteralmente “sezionati”.
L’allestimento, progettato da Umberto Zanetti (ZDA Zanetti Design Architettura ) appare a sua volta come un labirinto cittadino di vie e piazze: le fotografie di Basilico si presentano allo spettatore su pannelli verticali che si riflettono negli specchi della sala delle Cariatidi e che sembrano a loro volta i muri delle strade di una città.
E la sensazione è proprio quella di perdersi in una selva di architetture bizzarre e inquadrature sorprendenti, che sembrano appartenere a città immaginarie, ma che all’improvviso possono far emergere ricordi di visioni già sperimentate, di angoli familiari, di città conosciute, o che lo spettatore pensa di riconoscere.
Le didascalie, che collocano queste visioni in un punto preciso dell’atlante geografico, spesso sorprendono il visitatore della mostra. “Shangai? Assomiglia a un posto che ho visto a New York…”, si sente mormorare da qualcuno durante la visita.
I ricordi delle città viste si sovrappongono alle immagini delle città di tutto il mondo. Forse perché le città degli uomini si assomigliano tutte? Sta di fatto che spesso la meraviglia più grande non è quella suscitata dalle inquadrature inaspettate o dalla visione di architetture futuristiche o fantastiche, ma quella che deriva dalla sensazione di esserci già stati, in quei luoghi, oppure di aver già visto un posto che a quei luoghi assomiglia.
Del resto, sembra esserci qualcosa di simile anche nelle parole dello stesso Gabriele Basilico riportate sui pannelli all’uscita della mostra: “Posso vedere frammenti di Milano, della mia storia di Milano, in giro per l’Europa e, in senso opposto, quando torno da un’altra città, per analogia o per contrapposizione, ritrovo in Milano nuovi segni prima sconosciuti”.
Sembra di sentire l’eco dei dialoghi tra Marco Polo e Kublai Kan nelle “Città invisibili” di Italo Calvino: le città dell’impero del Kan descritte dal viaggiatore veneziano finiscono per assomigliare tutte a una. Venezia, la città da cui il viaggiatore proviene.
La città da cui si proviene, ma anche tutti gli altri paesaggi urbani che si sono percorsi riaffiorano alla memoria e allo sguardo di fronte alle visioni delle città di Gabriele Basilico, i cui scatti hanno, tra gli altri, anche questo merito: quello di renderci familiari, facendoceli vedere, luoghi del nostro mondo in cui non eravamo mai stati, o che non avevamo mai visto prima.