Lele superstar


di Claudia Terragni

Dicono che la fama orami sia accessibile a tutti. Puoi caricare video su Youtube in cui racconti la tua banalissima giornata e diventare uno youtuber, puoi mettere una foto di come ti sei vestita, piazzarla su Instagram e se ti va bene diventi una fashion blogger, puoi scrivere un mega post su Facebook o le due righe giuste su Twitter e guadagnarti la stima di milioni di followers. Il successo è a portata di click, con tutti i pro e contro del caso.

Però raggiungere 1000 like non è come finire sul giornale. Non è come andare in televisione. I media classici, la televisione, i quotidiani, la radio, sono delle vere e proprie istituzioni agli occhi della gente. Hanno mantenuto nel tempo un aspetto di inaccessibilità, quasi mistica. I quattro lati della tv incorniciano i divi, incoronano gli eletti, i prescelti che possono accedere all’eden della fama. Sono strumenti di comunicazione di massa “one to many” non “many to many”: il posto di quel “one” te lo devi guadagnare. Forse tutto questo vale solo per le generazioni cresciute con le videocassette della Walt Disney, con la Melevisione e i Pokemon, con la convinzione che si possa stare al di là dello schermo solo nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka.

Per questo quando si è sparsa la voce che Lele sarebbe stato in onda su Rai Uno per partecipare all’ Eredità, la notizia ha fatto scalpore. È un ragazzo di 22 anni di Venezia, studia a Padova ingegneria aerospaziale. Come tanti altri fa gite in montagna, gira in monopattino, va in palestra, è parte dell’UDU:  fa cose normali. Però va in tv e vederlo dall’altra parte del sipario mediatico fa davvero uno strano effetto.
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Sorgono subito un sacco di domande un po’ complottiste: quanto è mediato il programma? Ma ti hanno costretto a sbagliare la risposta? Quanto ti hanno truccato e quanto gel avevi tra i capelli? Strano, per chi è cresciuto con la filosofia di The Truman Show, sentirsi rispondere che il programma è “reale”, non è per nulla pilotato. Lele ha chiamato il numero che compare alla fine del programma, probabilmente preda da una crisi di nervi dopo un pomeriggio intero passato sui libri nell’aula studio più sporca di Padova. Dopo poco è stato richiamato per un provino con un altro centinaio di persone: si svolge un quiz e ci si presenta per tre minuti davanti a una telecamera. E dopo qualche mese vai a giocare, registrando le puntate che andranno in onda nei giorni successivi!

Il clima che si vede dietro lo
old-tv-1149416_960_720schermo è quello che effettivamente c’è in studio: i concorrenti non sono attori, devono essere davvero felici e a proprio agio per apparire tali. Viene offerto alloggio, pasti pagati in un albergo con tanto di idromassaggio poco fuori Cinecittà.

C’è una parrucchiera, una truccatrice, membri dello staff che si prendono cura dei partecipanti, ci sono momenti per conoscersi e stare insieme (nonché elaborare le tattiche giuste per vincere). Se il clima nei camerini è teso, arriva il ragazzo esaltato di turno a portare un po’ di brio e rasserenare gli animi: “siete carini e coccolosi come i pinguini di Madagascar! Bollicine e felicità! BAM BAM, fuochi d’artificio!!”.

Lele mi racconta che è un’esperienza divertente per davvero,  in particolare quando ha iniziato ad essere “campione” per più puntate di fila (cioè quando arrivi in finale ma non vinci il montepremi).  Entri sempre più in confidenza con la parrucchiera, l’autista Andrea tifoso della Lazio, il bodyguard che ti stritola la mano per darti il “tocco della fortuna”. Hai modo di affezionarti alla squadra di persone che svolgono quei lavori umili e invisibili ma che però portano avanti la baracca.

Ovvio che tutto questo comunque non è del tutto lasciato al caso: il quiz va in onda strategicamente subito prima del telegiornale, all’ora di cena, per rilassare gli animi degli spettatori prima della mitragliata di brutte notizie e catastrofi raccontate dal tg. Poi la costituzione del team di giocatori è sempre costante: il ragazzo, la ragazza, l’anziano, la donna adulta… per fare effetto famiglia. I concorrenti stessi vengono selezionati in base alle loro particolarità e al loro carattere brillante. A Lele viene detto di sottolineare il più possibile il suo già marcato accento veneziano! “Il che in effetti è una richiesta un po’ strana da parte della Rai, nata negli anni Cinquanta per far parlare l’italiano agli italiani”.talk-show-1149788_960_720

Così il nostro eroe, dopo dieci puntate si porta a casa quasi 12.000 euro di cui spera di utilizzarne una parte per fare un viaggio in bicicletta in Islanda. “Ho avuto culo!” ridacchia allegramente.

Non tutti però prendono la televisione con sano relativismo come fa lui. Proprio attraverso i famosi social, Lele riscuote un successo incredibile e anche un po’ inquietante: almeno 150 richieste di amicizia su Facebook in una decina di giorni, gente che gli scrive per ringraziarlo di aver portato gioia nelle loro serate, chi si confida raccontandogli del momento difficile che sta passando, chi gli dichiara amore (sia donne che uomini), addirittura chi gli offre un vitalizio perché vede in lui i valori di Cristo! Inevitabile riflettere su quanto un programma che può apparire sciocco e inutile, in verità risponda a profondi bisogni inconsci degli italiani. Bisogni che dovrebbero essere soddisfatti in altri modi e che la società forse ignora.

Insomma, da divo o da perfetto sconosciuto, Lele, ancora gasato per la sua esperienza, si è messo da parte un bel gruzzoletto. E la vita a tutti noi sembra un po’ più simile alla fabbrica di cioccolato.

 

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