di Safia Zappa
Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di incontrare un personaggio carismatico e molto interessante: Alessandro D’Avenia. Abbiamo avuto una piacevole conversazione su uno degli ultimi fra i suoi libri, “L’arte di essere fragili”, dove Alessandro ci spiega come Leopardi ci può salvare la vita.
Tutti dovremmo dare una lettura a questo intenso testo, ricco di spunti filosofici. Fra tutti soprattutto i giovani.
Perché proprio Leopardi? Leopardi non era il “depresso”, il “pessimista” senza voglia di vivere della letteratura italiana? No! Leopardi aveva un amore incredibile per la vita, e soprattutto provava a comprenderla fino in fondo, anche negli aspetti più bui. Ma facciamo un passo alla volta.
D’Avenia scrive il libro sotto forma di lettera, come se parlasse con un amico, e continua a ringraziarlo per qualcosa che il poeta sembra aver fatto per lui, quando lui ancora era molto giovane.
Giacomo era un “cacciatore di bellezza”, aveva una presa fortissima sulla realtà, la indagava in tutte le sue forme, per tramutare questa perfezione che trovava nella luna, nelle stelle, in felicità di vivere una vita così piena di imperfezioni. Era un “predatore di felicità”.
In pochi sanno che oltre a passare le sue giornate gobbo sui libri, amava uscire in mezzo alla natura e perdersi nel cielo stellato, o in quell’infinito spazio oltre la siepe. Questi sono momenti che tutti sperimentiamo. Alessandro li chiama momenti di “rapimento”, momenti in cui ci sentiamo come risucchiati in una dimensione “altra”, in cui prescindiamo da tutto ciò che c’è di pratico.
E scrive così al poeta: “Tu mi hai insegnato che il rapimento non è il lusso che possiamo concederci una notte all’anno, ma la stella polare di una vita intera.”
Dove la stella polare è la parte più vera di noi, una casa dove si può abitare ovunque, un riferimento per la “nostra navigazione nel mare della vita”.
Leopardi era appeso ad una stella, e si lasciava rapire: è un giovane che soffre per la sua imperfezione, ma che si lascia andare alla meraviglia che lo circonda. Se fosse stato così pessimista non avrebbe mai nemmeno tentato di valicare quel grosso ostacolo che lo divideva dalla felicità: la sua fragilità. Scriveva per colmare questo divario e per avere la meglio sulla sua debolezza: è questo che l’ha reso grande.
Leopardi è ognuno di noi: siamo tutti fragili, tutti imperfetti, e lui ci insegna come ricucire questi buchi nella nostra anima, ci dice che il temporale serve per apprezzare il cielo sereno, il buio per vedere meglio la luce, una lacrima per poter sorridere ancora.
Essere fragili è ciò che ci permette di lasciarci rapire. Amate la vostra fragilità, che è la ricetta perfetta per sorridere.
Finale bomba! Che ttteneraaaaa