L’era della post-verità

di Giacomo Orlandini

I grandi leader del mondo, radunatisi in segreto, sono preoccupati per la crescente scarsità di risorse in rapporto alla popolazione mondiale. Essi decidono, spudoratamente, di sintetizzare un virus mortale che ristabilisca l’equilibrio perduto. Tuttavia, il virus si rivela meno letale del previsto, e i poteri forti si vedono costretti a organizzare un regime di austerità giustificato dall’emergenza sanitaria. Le mascherine vengono rese obbligatorie in quanto strumenti da soma, i medici recitano la loro parte alla perfezione. Solo una piccola percentuale della popolazione capisce l’imbroglio: eroi che sono disposti a tutto pur di riconquistare la propria libertà.

È la trama di un nuovo film in uscita al cinema? No, o meglio, non ancora. Ma, se così fosse, prima dei titoli di coda dovrebbe esserci scritto: “Tratto da una storia vera”. È la nostra storia, ambientata nell’era della post-verità. Questo termine indica la condizione secondo cui, in una discussione relativa a un fatto o una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza. Per capire fino in fondo questo fenomeno, occorre riflettere sulla nostra condizione.

L’essere umano è l‘unico animale capace di farsi un’idea del mondo che lo circonda. Noi percepiamo la realtà non solo attraverso i nostri corpi, ma principalmente tramite le nostre menti. Per questo, è necessario essere d’accordo su ciò che è reale.

Nella post-verità la notizia viene percepita e accettata dalle persone come vera sulla base di emozioni, sensazioni e convinzioni personali, senza alcuna analisi concreta della effettiva veridicità dei fatti raccontati. Chi dà vita alla post-verità, lo fa basandosi su notizie, non necessariamente veritiere, che toccano le sue emozioni o sollevano i suoi pregiudizi.

Rispetto a fatti comprovati, queste persone tendono ad estrapolare solo gli elementi che confermano le proprie convinzioni, sviluppando così interpretazioni alterate della scienza, della storia e della realtà. Sebbene questo fenomeno abbia origini antiche, attraverso i social media la possibilità di diffusione di “fake news” è aumentata in modo esponenziale. Oggi si parla di post-verità in riferimento a una notizia completamente falsa che, spacciata per autentica, sarebbe in grado di influenzare una parte dell’opinione pubblica, divenendo di fatto un argomento reale, dotato di un apparente senso logico. Ne soffre il pensiero critico, processo mentale che, dall’analisi di dati, arriva alla valutazione di un fenomeno o di un fatto.

Ecco, dunque, ciò che è successo ai nostri concittadini negazionisti. Spossati dalle mascherine e dalle altre restrizioni, si sono avventurati nei meandri della rete, pronti ad esercitare quel poco di libertà che gli è rimasta, a loro dire, per “informarsi”.

Informarsi è un verbo il cui vero significato sembra andato perduto, ironicamente, proprio all’alba dell’Età dell’informazione. L’umile atto del mettere sé stessi a conoscenza di un qualche fatto ha lasciato il posto, complice la polarizzazione del dibattito politico, alla ricerca compulsiva di argomenti a favore delle proprie tesi, già date per certe. L’ossessione sofista di far valere la propria posizione, corrode la verità riducendola all’opinione e agghinda l’opinione camuffandola da verità. L’egocentrismo rende il tutto convincente e la rete amplifica questi disturbi paranoidi che, altrimenti, resterebbero solamente deliri isolati. A vedere le manifestazioni negazioniste, sembra che i fatti accertati non esistano mai o che non esista metodo per accertarli. Si ha l’impressione che si sia interrotta la catena di trasmissione tra fatti e cittadini, tra fatti e istituzioni, e questo è veramente pericoloso. Come può cambiare un paese che sembra sempre in bilico tra competenze e finzioni?

In una società mediatizzata – caratterizzata cioè da flussi ininterrotti di informazioni che si accavallano e spesso si contraddicono – la possibilità, per ciascuno, di creare una chiara visione dei fatti servendosi solo di argomenti razionali, è in diminuzione. Cresce, invece, l’interesse per chi inventa e racconta storie: la post-verità sembra essere diventata la chiave per la conquista e per l’esercizio del potere, sia politico sia economico, con una grave ricaduta in termini di abbassamento di livello dell’etica dei media.

È figlio del populismo il rifiuto di ogni sapere, filosofico, tecnico, scientifico, perché su quello si baserebbe il potere delle élite. Da qui la negazione di ogni verità empirica e la sua sostituzione con la logica del buonsenso, spesso a braccetto con il complottismo: le scie chimiche, il finto allunaggio della NASA, i vaccini e l’autismo.

Infatti, dove il pessimista vede il pericolo nascondersi dietro ogni angolo, l’ottimista vede una nuova amicizia. Questo è il motivo per cui, di fronte alla coincidenza, l’uomo intravede una cospirazione.

L’effetto sulla pubblica credibilità del metodo sperimentale è dirompente: la già incrinata reputazione dei vaccini ne ha subito le conseguenze peggiori. La conoscenza umana è di natura congetturale e ipotetica, e trae origine dall’attitudine dell’uomo a risolvere i problemi in cui si imbatte.

Il lungo processo di ipotesi, deduzione e controllo sperimentale affrontato dalla medicina mondiale in questi mesi di pandemia ha dato l’impressione che la scienza brancolasse nel buio, o peggio, fingesse soltanto di cercare una soluzione. Di tutta risposta, sono prontamente nati gruppi sui social network che rifiutano lo stesso vaccino che il resto del mondo brama da ormai un anno.

L’autoregolamentazione da parte di social network e piattaforme digitali non basta più. Occorre la creazione di un nuovo network, composto da agenzie indipendenti, coordinate da un organo sovranazionale e ricalcate sulle agenzie antitrust. Questo network avrebbe lo scopo di individuare i contenuti disinformativi, imporne la cancellazione e perfino sanzionare chi le ha create e ne ha organizzato la diffusione via Internet. Si tratterebbe, quindi, di un’entità terza rispetto ad ogni governo in grado di provvedere quando l’interesse pubblico è minacciato.

La post-verità è una minaccia che grava sulle nostre democrazie. Siamo a un bivio: lasciare Internet alla legge del Far West, oppure imporre regole in cui si tiene conto che la comunicazione è cambiata.

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