di Laurenzo Ticca
Da cosa vogliamo partire? Dalla cronologia dei fatti? (La censura inflitta a Scurati dagli uomini lottizzati in Rai da Fratelli d’Italia?) Dalla concentrazione di potere? (Quanti sono i giornali italiani nei quali i direttori rispondono a consigli di amministrazione espressione di grandi concentrazioni industriali e finanziarie?) Vogliamo soffermarci sul mercato del lavoro? (I giovani giornalisti precari o a partita Iva fino a che punto possono sentirsi liberi di raccontare ciò che vedono?)
Vogliamo guardare alle minacce concrete rivolte ai giornalisti?
Nel nostro paese, in questo momento, 27 vivono sotto scorta a causa delle loro inchieste. Beppe Giulietti, già presidente della Federazione Nazionale della Stampa, in un’intervista concessa a un quotidiano locale fa tre nomi: “Mimmo Rubio che si è messo contro la camorra, Nello Scavo, Avvenire , che è andato a fondo sugli interessi dei trafficanti libici di esseri umani e Paolo Berizzi, Repubblica, unico caso in Europa di giornalista aggredito da neonazisti. Su ventisette paesi che compongono l’Europa – conclude Giulietti – l’Italia è al ventiduesimo posto per libertà di stampa.”
L’Europa rimanda al contesto internazionale.
Quanti addetti all’informazione hanno perso la vita nel 2023? La risposta è: novantanove. Reporter e cameramen assassinati mentre cercavano di informare. A Gaza, in Ucraina o in altri teatri di guerra.
E’ veramente difficile scrivere qualcosa sulla Giornata Mondiale della libertà di stampa. Non si sa da dove partire. Dalla sete di potere del ceto politico? La Rai è sempre stata terreno di pascolo per tutti i governi. Dalle fragilità morale di tanti giornalisti? Guardate lo spettacolo disgustoso di tanti talk nei quali addetti ai lavori, pronti al padrone di turno, scodinzolano, allineati e coperti, ripetendo verità confezionate altrove, in attesa di un riconoscimento, magari un posto di sottogoverno.
I punti interrogativi si affollano confusamente senza trovare risposta. Ai fatti che ogni giorno la cronaca ci offre si affiancano, minacciosi, i mutamenti strutturali che hanno investito le società di capitalismo maturo.
Partiamo da una banale verità. La libertà di stampa è strettamente connessa alla formazione dell’opinione pubblica che, a sua volta, con il voto, genera gli equilibri politici di un paese. Una relazione che sembra essere saltata proprio in virtù delle trasformazioni tecnologiche.
Da qui, forse, vengono le minacce più insidiose. La rivoluzione digitale, per esempio, ha radicalmente cambiato il panorama dell’informazione. All’ombra di Internet sono cresciute vere e proprie patologie sociali che minacciano i processi comunicativi, vincolandoli agli imperativi del mercato.
L’informazione è merce e l’opinione pubblica la somma dei consumatori. Un processo che a lungo andare colpisce al cuore le democrazie, aggredite, grazie a un largo uso dei nuovi media, da partiti populisti, movimenti reazionari e politiche neoliberiste. La comunicazione in rete esalta le divisioni. I messaggi, riprodotti ossessivamente, sono solo frammenti di un discorso che non ha mai luogo. Semplificare, banalizzare, perseguire la logica del clan. Alterare e manipolare le notizie. Saltare la mediazione che dovrebbe essere esercitata dai professionisti dell’informazione. Anche questi mutamenti profondi influenzano la formazione dell’opinione pubblica e quindi la qualità della democrazia.
Scontato naturalmente riconoscere che il problema non è la rete, ma l’uso che se ne fa.
Massimo Cacciari, recentemente, nel corso di una trasmissione televisiva ha ribadito che la minaccia non viene tanto dai saluti romani che in modo osceno qualche camicia nera ripropone periodicamente, quanto da “potenze tecnico finanziarie che dispongono di mezzi straordinari per governare, manipolare, non solo i nostri comportamenti ma anche la nostra immaginazione, attraverso i media di cui dispongono… Non sono cose anonime. Hanno dei padroni i media. Questo – prosegue Cacciari – ce lo dimentichiamo spesso. Ci sono dei soggetti che li governano, che ne dispongono e questo straordinario sistema globale dispone sempre più potentemente dei politici… Non c’è più bisogno di un autoritarismo che usa diretta, immediata violenza. Ci sono mezzi, molto più sofisticati, per determinare i nostri comportamenti e la nostra volontà.”
Gli attacchi alla libertà di stampa sono attacchi alla democrazia.
E’ questo il dramma che stiamo vivendo.
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