L’impagliatore

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È ancora emozionante pensare a chi resiste, adattandosi senza perdersi mai d’animo, dinnanzi alle sregolatezze del mercato e alla spietata concorrenza delle economie emergenti che, spesso, vanno a sacrificare quelle che siamo sempre più propensi a immaginarci come “le botteghe di una volta”. Si pensi alla ditta di Giovanni, che da quattro generazioni si dedica all’arte antica dell’ impagliatura. Sì, questi ormai inusuali mestieri artigianali, dove pazienza, precisione ed esperienza ne costituiscono le armi principali, esistono ancora.

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Giovanni è figlio di tre generazioni di impagliatori, cresciuto tra sedie create, sedie riparate, tra cestini, cestoni e contenitori di damigiane di ogni grandezza e tipo. Il bisnonno Battista, nel lontano 1920, non pensava che la sua ditta sarebbe arrivata tanto lontano. Eppure, ad oggi, è viva e funzionante, produce per il loco e, occasionalmente, si dedica a lavori di design.


Il signor Augusto, padre di Giovanni, ricorda con la fantasia di un giovane spensierato i pomeriggi dei lontani anni ’50 sulle rive del Mincio e del Ticino a raccogliere erba, erba e ancora erba. “Se ne raccoglieva anche un quintale, la quantità utile per tutto l’anno!”. Giovanni era un bambino o poco più, allora.


Ma rievoca nostalgico la calura estiva di quei lunghissimi pomeriggi, gli alberi colmi di ciliege e di albicocche, i giochi sugli argini del fiume e nelle fattorie, quel cane san bernardo che, chissà perchè, non li abbandonava mai.


Quell’erba che abbondava: ce n’era per tutti, e ora non c’è più. Giovanni racconta che la materia prima per l’ impagliatura oggi viene importata dai paesi asiatici, e alla peggio, sostituita con materiali alternativi, come i cordoni di carta industriale. Erbe palustri, tagliate, essicate e ritorte a mano per l’ impagliatura; giunchi per l’incanatura.

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È un lavoro di ricamo quello della ditta Cazzaniga, di necessaria e indispensabile pazienza “che ha nella sola ed esclusiva manualità delle lavorazioni la sua forza e il suo pregio”.

Camilla Mantegazza

©fotografie di Stefania Sangalli e Giovanna Monguzzi

 

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