di Enzo Biffi
In questi giorni di cupo esistere, il primo cappotto d’inverno ci sembra essere oltremodo pesante. Le spalle si fan di piombo e un’ombra scura ci accompagna, se non vera paura, almeno incertezza, se non vero sospetto almeno diffidenza.
Inutile spiegarne l’irrazionalità, inutile capirne i motivi e le responsabilità, inutile approfondirne le cause, inutile distribuire colpe. Per lo più chiusi in private trincee ideologiche ognuno di noi alza le proprie personali difese.
Il sentimento che ne risulta è di colore grigio, avvelena l’aria e come un fastidio interiore a cui non diamo nome, deprime i nostri giorni. Le luci rassicuranti dell’occidente improvvisamente ci sembrano insufficienti a illuminare ogni angolo del mondo scoprendo che esiste anche per noi un angolo buio.
Benvenuti nel club, verrebbe da dire. Ci sono luoghi in cui dolore e paura e violenza sono mostri da domare ogni mattina. Uomini, donne e bambini il cui unico destino è giocare a nascondino con un fato malvagio che non lascia loro nemmeno la consolazione dei vinti ovvero, la giusta commemorazione.
In questa quadro di materia pesante, mi son detto, cercare un indizio che ne trasformi il colore, che accenda la luce, rischia di essere un’ impresa da eroi.
Mi viene da pensare che ostinarsi a trovare quell’avanzo di luce, la piccola leva che sposta l’inclinazione del globo, mi appare un esercizio stupido e quindi uno strano pudore mi blocca.
Invece no. Ci ripenso e capisco che rassegnarsi all’idea stessa della rassegnazione è rinunciare a vivere e che, forse, l’indizio sta proprio qui, nella necessità di riaffermare il bene, ostinatamente e con forza.
Non dare per scontato nulla, ribadire la necessità di restare uomini proprio nel momento più difficile, vincere sull’impossibile per non subire l’inevitabile.
Alla domanda se sia giusto cercare un messaggio positivo, un segno di speranza, un indizio che trasforma la lettura di tutto ciò, rispondo con il quesito stesso: nella volontà di vincere sul male sta tutta la grandiosità del bene.
Il bene non è mai indifferente alla realtà ma la trasforma, ne viene provocato e la provoca. Inversamente proporzionale alle forze del male, trae da esse stesse potenza e incisività.
Facile sorridere all’amico, profetico andare incontro al nemico. ( ammesso che lo si riconosca )
Troppo spesso identifichiamo come nemico assoluto il frutto di un albero malato a cui noi stessi abbiamo dato nutrimento. È l’albero delle buone intenzioni dell’occidente, degli affari del petrolio delle armi e della politica con la “p” minuscola.
Un pianeta intero cerca e chiede percorsi di pace e convivenza, e troppo spesso trova risposte sbagliate per domande legittime.
Dove qualcuno scrive scontro fra civiltà, io leggo scontro fra barbarie, dove qualcuno vede culture superiori, io vedo culture in crisi.