Italia diva del cinema: Stromboli

di Mattia Gelosa

Dal Golfo di Napoli scendiamo verso sud e possiamo immaginarci su una barca che stia viaggiando per i mari italiani. Dopo Capri, incontriamo il mare aperto finché non ci imbattiamo in un’isola dalla forma inconfondibile: si tratta senz’altro di un vulcano e per toglierci ogni dubbio basta prendere un binocolo e osservare la cima di questo cono, che talvolta emana leggere nuvole di fumo.

Attraccati a Stromboli possiamo solo immaginare, se non lo abbiamo mai visto, quanto sia il fascino della sua sabbia nera che pare incupire il mare e di quelle case che immaginiamo scrostate dall’alba dei secoli. Qualcuno cammina sotto al sole, con un fazzoletto sulla testa per non bruciarsi e per asciugare un po’ di sudore.

Stromboli è un luogo unico, di quelli che forse solo l’Italia può avere, vero protagonista, assieme a Ingrid Bergman, di “Stromboli – Terra di Dio” di Roberto Rossellini (1950).

Il regista fa recitare la sua futura compagna in un film che racconta della diversità e dell’incompatibilità: la Bergman è Karin, una profuga lituana che, per salvarsi dall’internamento in un campo profughi, sposa un pescatore del posto, Antonio.

La donna, alta, bionda e abituata a una vita fatta di lussi e modernità al suo paese, si trova in mezzo a uno scenario completamente antitetico al suo essere: l’isola è scura nei colori, è abitata da uomini e donne di bassa statura e costellata da casette fatiscenti e poverissime che pare non abbiano mai conosciuto il passare del tempo. La stessa isola di Stromboli, quindi, diventa un elemento di contrasto che supporta la trama della vicenda, ossia l’amore impossibile fra la donna e Antonio, appunto perché troppo diverso da lei.

Il primo arrivo sull’isola racchiude già tutto quanto detto sopra ed evidenzia anche l’ostacolo linguistico della donna, che si trova in una sorta di seconda prigionia.

Stromboli è arcaica, primitiva non solo nelle dimore, ma anche nei riti e nei modi con cui ci si guadagna da vivere. Emblematica è la scena della mattanza dei tonni, uno squarcio di puro documentario all’interno del film. A seguire. Il vulcano si risveglia e il film ci regala momenti di vero dramma:

Dopo l’eruzione e diversi tentativi di fuga falliti, Karin non vuole comunque riunirsi ad Antonio e passa la notte, stremata, sulle pendici del vulcano. Al risveglio viene accolta da un cielo stellato e da un grande silenzio: tutto ora si fa calmo, il fumo si dirada e le rocce grezze dell’isola diventano un capolavoro di scultura naturale. Karin scopre di trovarsi in una meraviglia che non aveva mai saputo guardare e che anche quell’angolo di mondo e l’insperata salvezza dall’eruzione non sono che segni della presenza di un Dio che sorveglia dall’alto.

Grazie a questo film, Stromboli divenne una meta turistica ricercata e si rilanciò anche nella sua economia. Ancora oggi fra le case e le rocce del vulcano ci sono molte targhe in ricordo di quell’incredibile set e di quel film che cambiò le sorti non solo dell’isola, ma di tutto il cinema moderno.

 

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