di Carlo Rolle
Buongiorno, amici lettori, oggi vi propongo “Lo stampo” di Thomas Edward Lawrence, un libro aspro e sconcertante, a cui sono arrivato dopo aver letto “I sette pilastri della saggezza”, l’opera più famosa di questo autore, nonché uno dei capolavori della letteratura inglese del Novecento.
Cenni sull’autore
Thomas Edward Lawrence (1888-1935), da non confondere con il suo connazionale, contemporaneo e collega scrittore David Herbert Lawrence, è forse meglio noto come “Lawrence d’Arabia”, anche grazie allo splendido film del 1962, interpretato da Peter O’Toole.
Fu uno dei più straordinari personaggi del XX secolo e un genio autodidatta della guerriglia. Archeologo, si trovava in Medio Oriente allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Incaricato di una missione di intelligence in Arabia, grazie alle sue doti di osservazione, alla sua conoscenza linguistica e al suo carisma, si pose in poco tempo alla testa di un grande movimento di rivolta contro l’Impero Ottomano.
Egli riuscì ad organizzare in esercito questo movimento. La sua azione, prima attraverso operazioni di guerriglia e poi attraverso spedizioni e battaglie, portò a riconfigurare completamente l’assetto geopolitico del Medio-Oriente. Lawrence narrò ne “I sette pilastri della saggezza” quell’epopea, un libro sincero e mirabilmente scritto, pieno di indimenticabili ritratti, di avventure, di strani paesaggi e di considerazioni storiche, geografiche e antropologiche di grande interesse.
“Lo stampo” però è un libro completamente diverso, amici lettori. Anch’esso racconta di una vicenda vissuta dall’autore, ma successiva, diversissima e sconcertante. Di che si tratta?
Genesi del libro
Nel 1922 Lawrence aveva visto la diplomazia europea trasformare in beffa il suo trionfo militare e la lotta per l’indipendenza del popolo arabo. Aveva già scritto “I sette pilastri della saggezza” e, poiché il manoscritto gli fu rubato, dovette riscriverlo daccapo; uno sforzo immane, per un libro molto lungo e contenente una quantità enorme di dettagliate informazioni.
Queste vicende lasciarono Lawrence in uno stato di prostrazione economica e psicologica che lo portò ad un gesto, che definirei sconsiderato e incomprensibile: si arruolò nella RAF (Royal Air Force) come semplice aviere, celando la propria identità e sottoponendosi ad una disciplina demenziale ed alle umiliazioni continue che contraddistinguevano l’addestramento di questo corpo.
Lo stampo
Credo che, specialmente in passato, abbondassero i reparti militari che prevedevano un addestramento volto quasi ad estirpare l’istinto di conservazione individuale. Con esso si perseguiva una brutale riprogrammazione della personalità delle reclute, inculcando loro l’abitudine all’obbedienza assoluta ed acritica e soffocato ogni impulso al ragionamento. Un processo traumatico e senza requie, che sembra volersi spingere fino alla cancellazione dell’io.
Gli strumenti di questo processo sono l’abolizione di ogni spazio privato e di ogni tempo libero, l’umiliazione continua attraverso ingiurie verbali e talvolta anche fisiche (cento anni fa gli addestratori della RAF distribuivano occasionalmente bastonate alle reclute), la cura maniacale dell’uniformità assoluta, l’imposizione di un’attività fisica massacrante e l’addestramento continuo al movimento sincronizzato sui piazzali e i viali della caserma.
Si tratta di pratiche dure da sopportare anche per dei ragazzi di 18 anni. Altri che sceglievano di arruolarsi, lo facevano perché giunti ad un vicolo cieco nella propria vita, reduci da naufragi economici o sentimentali che sentivano irrimediabili. Era comunque una decisione grave, perché l’arruolamento nella RAF era per sette anni, in un mondo dove un uomo di cinquant’anni era già considerato un vecchio. Con quella firma si usciva dal mondo dei ‘civili’, ci si giocava sostanzialmente la propria vita.
Se questi esperimenti di riprogrammazione della personalità sono sempre traumatici e crudeli, essi assumono un carattere addirittura mostruoso quando vengono attuati su una persona con immensi doni intellettuali ed espressivi, come era Lawrence. La volontarietà dell’atto di Lawrence non mitiga questa mostruosità agli occhi del lettore, che in questo libro assiste ad una vera e propria discesa agli Inferi da parte del protagonista. Quindi vi avviso, amici lettori, questo è un libro aspro e a tratti quasi insopportabile, specialmente se avete già letto “I sette pilastri della saggezza”.
“Lo stampo” menzionato nel titolo è proprio questa terribile pressa che trasforma con violenza tante personalità diverse in riproduzioni indistinguibili l’una dall’altra, come monete uscite dalla Zecca. Questo è l’altro significato del titolo inglese “The Mint”.
Struttura del libro
Il libro è diviso in tre sezioni. La prima si chiama “La materia prima”, che sarebbero le reclute. La seconda s’intitola: “La macina”, che sarebbe il forsennato addestramento alle marce sincronizzate, che ha l’effetto di disabituare gli avieri a fare qualunque cosa che non venga loro espressamente comandata, e finisce col render loro impossibile ogni pensiero autonomo e persino a disabituarli al ragionamento. La terza parte del libro, “In servizio”, parla dell’inizio della prima attività sensata durante la ferma, quando Lawrence viene destinato alla manutenzione degli aerei, come semplice meccanico.
Mentre leggevo questo libro mi dicevo continuamente: “Non è possibile, non può continuare così!” Non potevo credere di aver già letto cento pagine piene di corvée massacranti, di addestratori sadici, di sergenti alcolizzati, di punizioni ingiustificate, di violenze psicologiche e fisiche di ogni genere. E invece ne seguirono altre cento ancora peggiori; finché nelle ultime cinquanta pagine, l’atmosfera si rasserena un poco, quando Lawrence, uscito dalla pura fase di demolizione della “macina”, approda infine ad un’attività dotata di un senso: la manutenzione dei velivoli.
Qui il protagonista finalmente respira, perché comprende ciò che fa. La RAF desidera meccanici competenti e responsabilizzati, altrimenti i suoi aerei cadrebbero. Scusate la banalità di questa considerazione, amici lettori. È ovvio che un’arma che gestisce macchine sofisticate non sa che farsene di automi incapaci di pensare.
Ma proprio questo mostra l’assurdità dell’addestramento precedente: tanto è vero che gli avieri divenuti meccanici devono essere ‘riprogrammati’; quello che era stato loro crudelmente inculcato deve venir parzialmente disfatto.
Conclusione
Si tratta insomma di un libro duro da leggere, quasi un trattato sull’umana abiezione, sull’intenzionale disumanizzazione delle persone. È una storia in cui la stupidità del militarismo risalta insieme ad un torbido desiderio di sottomissione, il tutto aggravato dalla piaga dell’alcolismo, endemico nell’ambiente descritto da Lawrence.
Nel corso di questa volontaria discesa agli Inferi, lo sguardo di Lawrence diventa più lucido. L’impietosa verità dell’esperienza vissuta si fa strada in lui ed emerge a tratti in frasi memorabili. Ma si intuisce che il prezzo che Lawrence pagò per questa conoscenza fu forse troppo alto.
Sono stato a lungo incerto se parlarvi o no di questo libro, amici lettori, perché non a tutti piacerà. Non ho taciuto però i suoi aspetti aspri e scabrosi, perché T. E. Lawrence fu comunque un grande scrittore, anche se ho amato molto di più: “I sette pilastri della saggezza”.
Egli aveva affrontato nella sua vita rischi pazzeschi: catturato dai Turchi, seviziato, ferito, evaso dalla prigionia. Dopo aver rischiato cento volte la morte, perderà la vita a soli 47 anni causa di un banale incidente stradale. Fu vittima proprio di quella moto, sulla quale si era abituato a correre nelle poche ore libere dall’asfissiante gabbia della vita nella RAF. Una gabbia in cui lui stesso si era rinchiuso in un momento di follia.
Proprio nell’anno della sua morte, il 1935, fu pubblicato il suo capolavoro: “I sette pilastri della saggezza”. Quanto a “Lo stampo”, libro aspro e scomodo sotto molti aspetti, dovette attendere per altri vent’anni la pubblicazione.
Arrivederci al prossimo libro, amici lettori!
Per chi fosse interessato, ecco i link alle precedenti recensioni:
1) “Storie e leggende napoletane”, di Benedetto Croce
2) “Il monaco nero in grigio dentro Varennes”, di Georges Dumézil
3) “I Vangeli gnostici”, a cura di Luigi Moraldi
4) “La Cripta dei Cappuccini”, di Joseph Roth