L’opinione dei cooperatori


Cooperatori in dialogo. Cosa pensano i protagonisti della Cooperazione di Monza e Brianza delle vicende del nostro tempo?

Riflessioni, speranze, preoccupazioni, opinioni sul presente e sul futuro Parole espresse da chi ha scelto di lavorare al servizio degli altri e del bene comune. I valori cooperativi sono ancora attuali? 

Impresa, Cooperazione, Lavoro, Giovani, Educazione Cooperativa, Cultura, Futuro  sono state  le parole chiavi emerse durante l’evento La Cooperazione scende in piazza svoltosi sabato 6 aprile 2019 all’Arengario di Monza. 

Si avverte il bisogno di pensare, dialogare, confrontarsi sulle sfide che riempiono le agende dei cooperatori. Ecco un’esclusiva mappa dei pensieri dei cooperatori che hanno contribuito e contribuiranno alla crescita della cooperazione.

Marco Meregalli coordinatore Comitato Confcooperative Monza MB

Apre il forum  Marco Meregalli, 58 anni, una lunga esperienza come manager cooperativo oggi Responsabile del Comitato di Conf MB. Ecco il suo pensiero:

La cooperativa si afferma come realtà originale e specifica  nel mondo delle imprese e del lavoro. Originalità tra le imprese per i caratteri di democraticità e partecipazione; specificità nel lavoro per la sua centralità e socialità. Tre generazioni di cooperatori  hanno consentito a Confcooperative, (l’associazione di categoria che include a Monza e Brianza oltre 150 cooperative) di svilupparsi, proporre servizi agli associati, consentire un costante confronto culturale ed un intenso scambio e di condivisioni di progetti e di pensieri. In occasione dell’evento La Cooperazione scende in piazza abbiamo promosso  un sondaggio fra i cooperatori. Un lavoro realizzato dalla Cooperativa di Carate Brianza In-presa. Ecco i risultati del sondaggio Il futuro della cooperazione

Ma  sentiamo cosa dicono  i protagonisti brianzoli dell’impresa cooperativa della situazione economica e sociale che stiamo vivendo.

Roberto D’Alessio 68 anni, imprenditore cooperativo e formatore, un passato anche  nell’Ente Pubblico e nella Cooperazione internazionale:

In Brianza se si deve fare impresa si fa una normale srl  e non una cooperativa! Eppure il modello cooperativo si è affermato nel tempo perché spinge ad una doppia catena di produzione di valore:  quello economico e quello sociale. E oggi il tema dell’impatto sociale delle imprese è centrale per tutta la economia liberale e capitalista: abbiamo bisogno  sempre più di imprese che invece di massimizzare i profitti massimizzino i risultati occupazionali e sociali. Si tratta di recuperare una visione comune  e una anima collettiva che è propria del modello di sviluppo italiano e che io chiamo “economia civile” !   

Roberto Mauri monzese, 62 anni, direttore della Cooperativa La Meridiana, imprenditore sociale che si è distino per aver realizzato progetti sociali ad alta intensità innovativa, premiato con il Giovannino d’oro nell’anno 2015 così si esprime:

Considerato il continuo aumento dell’aspettativa e il dilagare di patologie invalidanti, occorre costruire  una nuova mentalità tale da concepire la cura e l’assistenza come parte integrante della vita quotidiana delle persone.

Roberto Caspani 62 anni Responsabile Pubbliche Relazioni BCC Valle del Lambro:

Siamo tornati indietro al 2009; si prospetta una recessione vera per il nostro Paese, una recessione dovuta non solo alla crisi dei mercati ma  soprattutto alla mancanza di una proposta politica in grado di guardare  al futuro, che si è dimenticata delle imprese, degli investimenti, del  lavoro,  dei giovani, degli ultimi.  Viviamo un momento di pressapochismo, di logiche elettorali, di scambi legislativi; se davvero  vogliamo cambiare questa logica occorre fare un grande sforzo per guardare avanti riscoprendo una stagione che non sia fatta solo di diritti ma anche, e soprattutto, di doveri; i doveri di ciascuno di noi!

100 anni di Confcooperative festeggiate durante l’iniziativa La Cooperazione scende in piazza. Foto di Giulia San’ambrogio


Manlio Gaviraghi 64 anni, ristoratore industriale:

Le rimesse dall’Europa dei migranti valgono 4 volte il contributo della cooperazione allo sviluppo dell’Italia:  Cosa vuol dire ? Che “l’aiutiamoli a casa loro” finora non ha funzionato e che forse invece abbiamo bisogno di queste persone! Certo dobbiamo spendere qualcosa per favorire e controllare la integrazione; non ci si può limitare al vitto e alloggio.

Fabrizio Pozzoli, 50 anni, Presidente ConfcoooperativeCultura Turismo Sport – Lombardia, Presidente Cooperativa Betania:

L’evasione fiscale ha raggiunto i 130 mld anno cioè l’8 % del PIL! Questo ci colloca all’ultimo posto in Europa. Sono italiani che truffano lo Stato e gli stessi cittadini (italiani e stranieri!). E’ una battaglia da fare senza se e senza ma, una battaglia che si aggiunge a quella alla lotta contro le “cooperative spurie” sulle quali abbiamo proposto una legge di iniziativa popolare che giace in Parlamento e che speriamo possa essere presto approvata.

Ottavio Perego, 77 anni, Consorzio Acli per la casa:

Non possiamo fare politiche della casa senza case pubbliche: il mercato privato non può sopperire al bisogno delle fasce deboli o semplicemente di chi è in momentanea difficoltà. L’housing sociale è sicuramente una strada da percorrere, ma non si può lasciare il tutto alla buona volontà dei privati e delle imprese sociali. L’ente Pubblico deve fare la sua parte, magari con formule nuove di collaborazione con le imprese cooperative.

Maurizio Magistrelli,52 anni un diploma di animatore sociale,  progettista della Cooperativa Spazio Giovani, vice portavoce del Forum Terzo Settore Monza MB:

Il modello cooperativo italiano è stato ed è importante per la Europa.  Credo che l’Europa abbia fatto un errore in questi anni, un errore molto grande:  era l’eccessiva competizione fra i paesi membri dell’UE ha frenato le politiche redistributive  e di protezione dei più deboli. Noi vogliamo una Europa più sociale e cooperativa!

Billa Besaggio , 39 anni, economista e presidente della cooperativa  sociale POP:

Non dobbiamo pensare in modo vecchio : In India e in Cina, ma anche in Africa i giovani sono più simili a noi di quanto si creda; chi viene in Europa non cercano né guadagni facili né solo sopravvivenza : cercano senso per la loro vita e opportunità ! Le cooperative cercano di fare la propria parte : non dare risposta a questa domanda ci taglierebbe fuori dal progresso mondiale.

Walter Monti, 42 anni, esperto di diritto dell’immigrazione:

Con le nuove disposizioni giuridiche in materia di protezione internazionale, per i richiedenti asilo ottenere un permesso regolare sta diventando sempre più difficile. Le lungaggini burocratiche e l’incertezza nelle procedure la cancellazione della Protezione Umanitaria produranno migliaia di persone irregolari sul nostro territorio. Credo che una delle sfide del Terzo Settore nei prossimi anni sarà quella di garantire un completo accesso ai diritti fondamentali per questa parte di popolazione che continuerà a vivere nei nostri territori.

Matteo Castellani, 33 anni, case manager senior dei servizi di accoglienza rifugiati

Incredibile quanto sta avvenendo rispetto alla popolazione straniera in generale e ai migranti in particolare. Additandoli come capro espiatorio di tutti i nostri mali e delle nostre paure  rendiamo la loro vita nel Paese più difficile, ostacoliamo addirittura la integrazione quando riesce e al contempo buttiamo a mare  migliaia di posti di lavoro di giovani italiani (1000 nella sola Lombardia!)  che avevano trovato lavoro nei servizi di accoglienza e che hanno un bagaglio professionale invidiabile.

Il taglio della Torta con Marco Meregalli, Giampietro Meroni il Sindaco di Monza Dario Allevi e Alberto Cazzulani. Foto di Giulia Sant’ambrogio

Massimiliano Giacomello, 44 anni,  manager cooperativo:

Perchè due anni fa ho dato vita ad una nuova start up cooperativa di giovani? Perchè stare insieme è meglio che stare da soli;  più cooperazione non è per me una ricetta sociale ma una indicazione economica come ha sostenuto al festival di Firenze dell’economia civile in questi giorni: vuol dire  più imprese sociali, cioè imprese orientate a massimizzare i risultati sociali piuttosto che i profitti.

Gabriele Cadorin, 50 anni, piemontese amministrativo lavora nella cooperazione da 2 anni:

Sono contento di lavorare in una cooperativa. Per me è stata una scoperta felice! Occorre però continuare la battaglia contro le cosiddette “cooperative spurie” che inquinano il mercato.

Mario Riva, 50 anni,  informatico ed esperto di politiche di inserimento lavorativo:

La transizione dalla scuola al lavoro è” labirintica” in Italia.  I cosiddetti “Neet “ (i giovani che non studiano e non lavorano) sono in Italia di più che nel resto dei Paesi di Europa. Dobbiamo finirla di mettere in antitesi flessibilità e sicurezza di retribuzione: le due cose devono riuscire a convivere. Come? Garantendo dei percorsi di professionalizzazione individualizzati. Da questo punto di vista il decreto dignità si è rivelato una mossa affrettata: per decreto non si crea nessuna nuova occupazione, anzi anche molte imprese cooperative hanno dovuto rinunciare a lavoratori a tempo determinato cui tenevano.

Davide Deidda, 49 anni, motociclista ed imprenditore cooperativo nel settore  turismo sociale

Il reddito di cittadinanza? Noi, a differenza di altre associazioni di rappresentanza,  abbiamo da subito partecipato alla Alleanza per la Povertà e abbiamo sempre detto che bisognava  potenziare il reddito di inclusione. L’attuale reddito di cittadinanza è una misura mista di sostegno e avviamento al lavoro, le due cose, però, hanno tempi e metodi diversi; in questo modo il reddito di cittadinanza può diventare un disincentivo al lavoro. Sarebbe per noi cooperatori la cosa più sbagliata!

Davide Binotto, 39 anni,  progettista nelle politiche sociali

Le politiche del futuro sono fatte per gli anziani più che per i giovani; del resto nel paese gli anziani sono il doppio dei giovani e dunque contano di più politicamente… Una miopia che pagheremo molto cara in termini di produttività e competitività dell’intero Paese.       

Guido Mauri, 73 anni, aclista storico

ll crollo demografico degli anni 70-80 causa in Italia un indice di natalità di  1,3  figli  per donna fertile (troppo basso per garantire il semplice ricambio di popolazione) è una delle cause del calo di produttività e fatturato:  finchè non daremo fiducia e speranza alle famiglie e ai genitori non supereremo questa crisi.     

 

 

 

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