di Laurenzo Ticca
Due colpi di pistola, uno alla schiena l’altro alla nuca. Muore così, il 17 maggio del 1972, Luigi Calabresi, commissario in forza all’ Ufficio politico della questura di Milano. Una morte annunciata, voluta, invocata nei cortei che attraversavano le strade di Milano. Una sentenza emessa, nel nome del proletariato, da un gruppo di rivoluzionari di professione che di professionale avevano ben poco. Accecati dall’odio, confusi dall’ ideologia. Luigi Calabresi lasciò la moglie Gemma, incinta, e due figli piccoli. Il suo destino tragico comincia a prendere forma la notte del 15 dicembre 1969 , a Milano. La città e’ scossa, disorientata . La strage di piazza Fontana aveva inaugurato la strategia della tensione. Al quarto piano della questura di via Fatebenefratelli e’ in corso l’interrogatorio di un anarchico, Giuseppe Pinelli, uomo mite, estraneo alla carneficina. Pinelli, ad un tratto, precipita e muore.
“Precipita” un indicativo presente che porta con sé tutta l’ambiguità, i buchi neri, i silenzi, i comportamenti omertosi che segnano la storia del nostro Paese in troppe circostanze. Il commissario Calabresi non era nel suo ufficio. Fu lui però a pagare per quella morte. Lotta continua ne fece il bersaglio di una campagna d’odio impressionante, scandita dagli slogan, dagli avvertimenti, dalle minacce. Anni dopo, Leonardo Marino, personaggio non privo di ambiguità, ex militante di Lotta continua fece i nomi dei mandanti dell’omicidio Calabresi: Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani e dell’esecutore Ovidio Bompressi. I vertici di Lotta continua insomma. Che hanno sempre respinto ogni accusa.
Ci sarebbero voluti 13 anni tra processi di primo grado, appello, e Cassazione per arrivare ad una verità giudiziaria. Sofri Pietrostefani e Bompressi furono condannati a 22 anni di reclusione. Sofri ha scontato la pena. E’ diventato una firma importante del giornalismo. Bompressi ha lasciato il carcere, nel 2006, per gravi motivi di salute. Pietrostefani e’ latitante in Francia. In via Cherubini a Milano resta la targa che ricorda quella mattina del 17 maggio ‘72 e la morte di un commissario di polizia.