di Daniela Annaro
Orsola, giovane principessa di rara bellezza convertita al cristianesimo , rifiuta di sposare l’infedele re Attila che aveva invaso Roma. Così, l’unno la fa uccidere a frecciate.
Narra ciò l’ultimo dipinto di Michelangelo Merisi, il Caravaggio: il Martirio di Sant’Orsola. Il maestro milanese la dipinge nel 1610 per il collezionista genovese Marco Antonio Doria che aveva interessi economici anche a Napoli. La tela arriva a Genova nel giugno dello stesso anno. Caravaggio muore a Porto Ercole il 18 luglio 1610. Parte da qui la mostra delle Gallerie d’Italia (Milano, piazza Scala fino all’8 aprile 2018) L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri. Napoli, Genova e Milano a confronto.
Naturale prosecuzione e riflessione di un’altra rassegna dedicata al pittore “maledetto”. A poche centinaia di metri, a Palazzo Reale , fino al 28 gennaio, Dentro Caravaggio racconta nel dettaglio vita e opere del pittore lombardo, qui alle Gallerie d’Italia la tesi che si intende dimostrare è molto sofisticata e, nel contempo, per alcuni aspetti, originale.
Secondo la rassegna di piazza Scala, all’aprirsi del Seicento, l’opera di Caravaggio fa proseliti e seguaci sia tra i collezionisti sia tra gli artisti nelle città dove lui aveva lavorato o soggiornato, dunque Roma, Napoli e l’Italia meridionale, ma non nel resto del Paese. Il genio lombardo aveva totalmente modificato la rappresentazione soprattutto nei suoi ultimi lavori, specchio di una condizione disperata che stava vivendo: gente umile, disagiata e disgraziata, uomini e donne della strada, nello spirito della Riforma Cattolica.
Ma fuori da Roma, nel centro-nord del Paese il collezionismo laico e clericale viveva altri sentimenti, altre sono le richieste e gli artisti se ne fanno portavoce da Firenze a Torino, da Milano a Venezia e persino a Milano, città natale dell’artista.
Quando il Martirio di Sant’Orsola di Caravaggio arriva a Genova ed entra a far parte della collezione del ricchissimo Marco Antonio Doria gli artisti locali di altrettanta bravura e competenza sicuramente la ammirano, ma non la “imitano” . Rimangono fedeli a loro stessi. Lo vediamo nell’opera di Bernardo Strozzi sullo stesso tema.
E, anche un altro importante collezionista genovese, Giovan Carlo Doria, (fratello di Marco Antonio) predilige altri artisti a Caravaggio come il bolognese di nascita, ma milanese di adozione Giulio Cesare Procaccini. Nei suoi palazzi, Giovan Carlo conserva opere di Rubens, di Morazzone di Vouet, di Strozzi, di Van Dick , ma non Michelangelo Merisi.
E Caravaggio? Nella collezione vi rientra indirettamente, attraverso un caravaggesco, Matthias Stom, e con questo autore la mostra, mirabilmente curata da Alessandro Morandotti, si chiude. Non prima di un incredibile colpo di scena: l’ Ultima Cena del Procaccini : una tela enorme, cinque metri per otto, proveniente dalla chiesa della Santissima Annunziata di Genova che per la prima volta si può ammirare a “altezza d’uomo”, solitamente è appesa a dieci metri dal suolo.