In tempi come questi, violenti e destabilizzanti, può essere d’aiuto, almeno lo è stato per noi, vedere la mostra interamente dedicata al maestro della pittura storica e romantica: Francesco Hayez, l’autore de “Il bacio”. Già in quel gesto immortalato dalla sua tela, un gesto d’amore, si ritrova pace.
Un gesto che, nella primissima versione, nel 1823, fece scandalo sia per la sensualità che emanava sia perché rappresentava l’ultimo bacio di Giulietta a Romeo, i giovani amanti della tragedia di Shakespeare. Una coppia osteggiata da entrambe le famiglie. Lo stesso Hayez fu molto turbato per le critiche che ricevette “eccessivo trasporto di una ragazzina” dissero allora i critici.
Ha 32 anni Francesco Hayez , essendo nato a Venezia nel 1791.La famiglia è poverissima, il babbo era originario di Valenciennes, in Francia, la mamma veneziana, ma lui, veneziano per metà, per tutta la vita firmerà i suoi quadri: “Hayez, Italiano della città di Venezia.” I genitori lo affidano a uno zio che ne intuisce le potenzialità artistiche. A quattordici anni, precocissimo, è ammesso all’Accademia di Venezia. E’ un ragazzo turbolento, vivacissimo e di grandi capacità. Nel 1809 la prima importante svolta, vince un concorso a Roma e qui incontra Antonio Canova, che da quel momento in poi fino alla sua morte (1822) lo aiuterà e proteggerà.
Un mentore, il Canova per Hayez. Con lui fa il salto di qualità: riceve un’istruzione -non solo artistica – e viene accolto nei migliori salotti. Lavora perfino in Vaticano e si misura con la tecnica dell’affresco. Una tecnica che gli sarà utili quando, rientrato per poco a Venezia, dipingerà pareti di nobili famiglie della laguna, ma soprattutto di Palazzo Reale e di Palazzo Ducale.
Un ciclo di affreschi recuperato e ora in mostra qui a Milano alle Galleria d’Italia in piazza della Scala. “Trionfo di Galatea” si intitola l’opera, ispirata all’omonimo lavoro di Raffaello. Un dipinto che piacerà molto al viaggiatore Stendhal.
Ma Francesco intuisce che non può limitarsi ad affrescare stanze e pareti. Per tutta la vita cerca sempre di rinnovarsi. Alla morte del Canova, nel 1823, si trasferisce definitivamente a Milano dove aveva già lavorato pochi anni prima. E’ qui che ottiene grandissimi consensi. Alle sue spalle ha l’eredita della pittura veneta, la conoscenza della pittura e scultura classica ed è qui che manifesta tutta la sua potenza di pittore romantico interprete di un sentimento comune, fa propri i valori della società del tempo.
Attorno a lui i grandi scrittori, come Alessandro Manzoni, politici del calibro di Giuseppe Mazzini, che lo definisce “pittore vate della nazione” capace di interpretare lo spirito della nazione, lo spirito del Risorgimento. Lo fa attraverso dipinti storici che alludono alle tensioni politiche che il Lombardo – Veneto vive intensamente per tutta la sua lunga vita. Ecco allora che le opere del Giuseppe Verdi, il musicista che incarnava tanto quanto lui quegli ideali, diventano opere firmate da Hayez. I Due Foscari, il Nabucco, i Vespri Siciliani trovano sulle sue tele il massimo della rappresentatività. Senza mai perdere la voglia di rinnovarsi, di stupire e di trovare nuovi temi e nuovi soggetti.
Come “Il bacio” appunto. La versione che più amiamo è quella del 1859. Lo dipinge in occasione dell’esposizione celebrativa della Seconda Guerra d’Indipendenza allestita a Brera dopo l’ingresso di Vittorio Emanuele II e Napoleone III a Milano.La seconda, nel 1861, e l’ultima nel 1867, quindici anni prima di morire.
Ed è questa versione che tenne per se’ nel suo studio fino alla fine dei suoi giorni nel 1882.
Daniela Annaro