Che cosa succede quando un uomo, che vive chiuso nel proprio grande dolore, incontra un uomo più giovane, che porta il peso di un dolore ancora più grande del suo?
Lo racconta Aldo Germani nel suo romanzo di esordio, “Le quattro del mattino”. E lo fa con delicatezza e sensibilità, usando un linguaggio essenziale ed incisivo. Germani ci conduce per mano in questo universo umano e ci presenta Leandro, che vive con il suo anziano padre in una cascina dove coltiva viti e produce vino, evitando ogni contatto non necessario con il mondo esterno. E’ qui che, per una serie di eventi casuali, ospiterà l’altro uomo e ne conoscerà la storia personale. Nei primi tempi del loro rapporto, i due uomini comunicheranno in modo singolare, ovvero attraverso gli oggetti in disuso a cui Leandro ama regalare una nuova vita.
In seguito arriveranno anche le parole e, con esse, ci sarà la rinascita per entrambi. Ci sono intorno a loro altri personaggi, fra cui Sofia, unico personaggio femminile di rilievo della storia. Tutti i protagonisti del romanzo hanno una notevole maturità, ognuno di essi ha elaborato la sua strategia di convivenza con il dolore, nel modo più adeguato alla propria personalità.
“Serve talento ad imparare, soprattutto dai propri errori”. Sono le parole che Tobia, uno dei personaggi comprimari, dice a Leandro, mentre gli insegna a tirare di boxe. Penso che serva talento anche per incantare i lettori. E Aldo Germani questo talento lo possiede.
Valeria Savio
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