Medicina dello spazio

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di Roberto Dominici

La medicina aerospaziale è una branca della medicina nata negli anni cinquanta con i primi lanci di esseri viventi nello spazio. L’uomo raggiunse l’orbita terrestre il 12 aprile 1961 con il volo del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin. Da allora le missioni umane si sono fatte sempre più frequenti e durature, raggiungendo pure la superficie lunare nel 1969.

A partire dagli anni settanta sono stati compiuti voli più lunghi e sviluppate stazioni spaziali nelle quali gli astronauti rimangono in orbita per settimane o mesi. Vivere e lavorare nello spazio comporta alcune problematiche: l’assenza di peso, le radiazioni e l’irraggiamento solare, le difficoltà nell’espletare le necessità fisiologiche e nel curare l’igiene personale, il nutrimento sono alcuni esempi di contesti in cui si dedica la medicina aerospaziale.

Il programma di scienze della vita dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) ha avuto inizio nel 1990 come parte integrante del programma scientifico. Oggi, il programma Medicina e Biotecnologie (MED), ha l’obiettivo specifico di acquisire conoscenza attraverso la ricerca spaziale e di trasferirla e tradurla in applicazioni bio-mediche a Terra.

Gli obiettivi primari sono:

  • comprendere i processi vitali e i meccanismi di adattamento all’ambiente spaziale;
  • sostenere un programma di esplorazione umana dello spazio;
  • contribuire alla ricerca biomedica a Terra con i risultati ottenuti dalla ricerca nello spazio;
  • promuovere l’integrazione di competenze multidisciplinari, sia scientifiche che industriali, per programmi ad alto contenuto tecnologico.

 Il Programma è focalizzato, in particolare, su 5 progetti di ricerca applicativa che richiedono attrezzature specifiche e opportunità di volo. ASI, grazie in particolare alla cooperazione con ESA, NASA ed Agenzia Spaziale Russa (FSA), fornisce l’accesso a diversi tipi di piattaforme spaziali, dai voli parabolici alla Stazione spaziale internazionale. Per raggiungere gli obiettivi di questi progetti è stato creato, nel corso degli anni, un network scientifico e industriale. Oggi sono coinvolti in questa sfida oltre 1000 ricercatori, 164 Istituti di ricerca e 18 industrie.

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L’agenzia spaziale europea
(ESA) sta cercando di individuare nuove soluzioni per la rianimazione cardiopolmonare durante le missioni spaziali con un progetto che propone un protocollo di Basic Life Support accuratamente adattato alle diverse condizioni di assenza di gravità o a quelle di microgravità, pari a un terzo di quella terrestre su Marte e a un sesto sulla Luna”. Fra gli obiettivi in questo ambito vi è anche quello della trasmissione e analisi di dati medici multiparametrici, o ancora della medicina funzionale, cioè quella superpersonalizzata e volta a prevenire l’insorgenza di malattie degenerative.

L’obiettivo strategico della ricerca spaziale nel settore delle scienze della vita è di consentire la vita umana nello spazio. Le conoscenze finora ottenute sono il frutto di anni di studi effettuati su cellule, piante, animali e uomini orbitanti intorno alla Terra all’interno di veicoli spaziali di vario tipo sino all’attuale Stazione spaziale internazionale (ISS). In questa condizione gli organismi viventi sono sottoposti fondamentalmente a 3 condizioni “anomale”: microgravità, radiazioni cosmiche, isolamento/confinamento. Gli studi effettuati sino ad oggi hanno consentito di individuare la specificità delle problematiche bio-mediche nello spazio su una casistica relativamente ampia, senza tuttavia affrontarne la risoluzione se non nell’ottica della sopravvivenza per periodi brevi. 

Le conoscenze acquisite in questi anni ci consentono di affermare che, osservando una serie di cautele e mettendo in atto contromisure di tipo fisico, la sopravvivenza in orbita terrestre fino a diversi mesi è possibile e le conseguenze negative sugli organismi sono sostanzialmente superate in tempi relativamente brevi dal rientro. Rimangono comunque molte incognite legate soprattutto alle scarse conoscenze delle basi fisio-patologiche, anche a livello cellulare e molecolare, dei disturbi osservati in astronauti e sulla reversibilità delle alterazioni in caso di un protrarsi della permanenza nello spazio interplanetario. Questo limite rappresenta il vero vincolo negativo alla percorribilità dell’esplorazione umana dello spazio.

In sostanza, dopo il progetto ExoMars  che è  composto da due missioni, entrambe con l’obiettivo di cercare biotracce su Marte,  l’ottica si sposta dalla permanenza per brevi periodi nello spazio Terrestre (a 400 km dalla Terra) alla permanenza prolungata su altri corpi celesti, implicanti viaggi di durata anche pluriennale, in particolare il progetto “Mars One” , proposto e guidato dal ricercatore olandese Bas Lansdorp che ha lo scopo di stabilire una colonia permanente su Marte. Il piano prevede di inviare nell’orbita di Marte un satellite artificiale per le telecomunicazioni nel 2016 e, dopo alcuni altri passaggi intermedi, dovrebbe inviare esseri umani per stabilire una colonia permanente nel 2025. Un nuovo gruppo di astronauti arriverà ogni due anni e per essi sarebbe un viaggio di sola andata, senza più ritorno alla Terra.

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