di Eleonora Duranti
“Donatello chez les fauves” (“Donatello fra le belve”). Scrive così Louis Vauxcelles sul quotidiano “Gil Blas”, in merito alla terza edizione del “Salon d’Automne” di Parigi, nel 1905. L’esposizione ha lo stesso impatto di una rivoluzione, una rivoluzione fatta di colori, passione e immediatezza. I cardini della prospettiva saltano, la realtà si trasforma, si arrende, docile, all’occhio e alla mano dell’artista, il sentimento prorompe con violenza dalla tela… Come sempre, c’è chi ne è intimorito. E chi ne è impressionato. In negativo. Non è il caso di Henri Matisse…
La signorina rincaserà presto.
Varcherà la soglia ansante, le trecce disfatte e il nastro del cappellino slacciato. Le sue guance paffute saranno rosse come queste mele e il suo abitino pastello necessiterà del mio ferro per riacquisire la grazia che la padrona esige tanto.
È una donna raffinata, la padrona. Elegante. Un po’ rigida al tocco, forse, e non certo emotiva, ma molto istruita. Qui in campagna, è una zarina; tutti la venerano e sgomitano per partecipare ai suoi ricevimenti e alle sue aste di beneficenza.
È una persona generosa, infatti. Fa visita all’orfanotrofio ogni giovedì e, regolarmente, manda in città carretti con pane, vino e coperte per i poveri.
Di rado si abbandona alla collera. Quando questo accade, la colpevole altri non è che la signorina…
È così vivace, la signorina! Così allegra…
Ovunque vada, porta con sé una ventata di aria fresca e la sua risata cristallina intenerirebbe persino il burbero più scorbutico del villaggio!
È diversa dalla padrona, la signorina…
Si potrebbe quasi dire che non siano mamma e figliola!
L’una è tanto severa quanto l’altra è anarchica; l’una detesta avere un ricciolo, che sia uno, fuori posto, mentre l’altra ignorerebbe l’esistenza della spazzola; l’una è esempio d’etichetta, l’altra…
Beh…
L’altra è esempio di fanciullezza!
Entrambe, però, sono canarini in gabbia.
La padrona imbrigliata nelle proprie convinzioni e la signorina tenuta in scacco da un’irrefrenabile voglia di ribellione.
Peccato che non provino a condividere le sbarre della loro celletta dorata…
Se lo facessero, se zampettassero più vicine, se si ascoltassero, le loro solitudini si annullerebbero. Le loro altalene inizierebbero a dondolare all’unisono. E i loro cinguettii non cadrebbero nel silenzio.
Ma, questo, lo so io.
Loro no…
Loro si sono talmente calate nel ruolo da averne, ormai, una visione distorta, molto più arzigogolata di quanto, in realtà, non sia.
Eh, già…
La famiglia è sempre un grattacapo… Una grossa matassa da sbrogliare!
È una fortuna che io abbia reciso le fila che mi tenevano legata ai miei fratelli!
Quei fetenti…
Mi tiravano i capelli con tanta forza che le sopracciglia si inarcavano e le orecchie mi diventavano rosse, rosse come questa stanza!
E mio padre…
Mio padre, lì, pronto a difenderli! Ad approvare la loro autorità di giovani uomini gretti e ignoranti…
Sono contenta che il padrone adori la signorina.
Mi si riempie il cuore quando le si inginocchia davanti ed estrae un pacchetto dalla valigetta o dal taschino della giacca!
Viaggia di continuo, il padrone… E, per rimediare all’assenza costante, compra regali in ogni dove, in ogni angolo di mondo.
Riesce sempre a farsi perdonare, il padrone! Con la parlantina di cui è dotato e con lo spirito curioso che possiede, non fatica a guadagnarsi stima e ammirazione…
Insomma…
È un tipo influente… Carismatico. Eppure, non si monta la testa e resta fedele al ragazzo umile e loquace che era. Lo ricordo che aiutava il babbo nella consegna della posta e che accompagnava la bionda sorellina alla catechesi della domenica…
Ecco perché è tanto amato! Soprattutto dalla signorina…
Un po’ meno dalla signora.
Ma, questo, non è affar mio.
Affar mio è predisporre la tavola e ravvivare i fiori.
La signorina, come ho detto, rincaserà presto. E dovrà rendersi presentabile.
La padrona ha organizzato una merenda con le amiche e mi ha espressamente richiesto la massima collaborazione.
Nessuno dovrà sfigurare.
In particolare, la signorina.
Henri Matisse, La stanza rossa, 1908. Olio su tela, 180×220 cm. San Pietroburgo, Ermitage