di Francesca Radaelli
“Rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo”.
Domenica 6 settembre, al termine dell’Angelus, papa Francesco lancia questo appello al suo popolo, alla ‘sua’ Chiesa. Il pontefice si richiama direttamente alle parole di Gesù: ‘Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’. Mai come ora, sembra dire il papa, occorre prendersi cura del nostro prossimo. Ovvero delle famiglie disperate costrette dalla guerra e dalla povertà a lasciare le loro case, a spogliarsi delle loro vite e a cercare una nuova vita in Europa. Una moltitudine di persone il cui arrivo tocca tutti noi, dalle autorità politiche al singolo cittadino. Un’emergenza che si è acuita non poco negli ultimi tempi e che riguarda un ambito, quello dell’accoglienza ai migranti, sul cui fronte diverse associazioni ecclesiastiche sono già impegnate e attive da tempo.
Ma ora l’appello del papa coinvolge tutti. È diretto al cuore di ognuna delle comunità cristiane che disegnano la mappa della presenza della Chiesa cattolica sul territorio italiano ed europeo, è un appello che chiama direttamente in causa vescovi e parroci.
Ma c’è davvero la possibilità concreta e la volontà di rispondere positivamente all’appello di Francesco, da parte di ciascuna delle parrocchie presenti sul nostro territorio?
La Diocesi di Milano: 130 posti in più per i migranti
Nel caso della Diocesi di Milano, qualcosa si stava muovendo già da tempo. Lo scorso 2 settembre l’arcivescovo Angelo Scola, intervenendo all’Assemblea dei Decani svoltasi al Seminario di Venegono, ha annunciato che la Curia metterà a disposizione altri sei immobili tra case e strutture, per un totale di 130 posti supplementari, che vanno dunque a incrementare quelli già gestiti dalle cooperative di Caritas Ambrosiana in convenzione con le Prefetture, per un numero complessivo di 456 posti. Tra le nuove strutture sistemate per l’accoglienza c’è anche, su territorio brianzolo, la Villa Sacro Cuore di Triuggio che darà ospitalità a 10 persone.
Non solo. Nella stessa occasione, anticipando in un certo senso il discorso del papa, il cardinale di Milano ha invitato le parrocchie a mettere a disposizione piccoli spazi per l’accoglienza diffusa: “Invito le parrocchie della Diocesi a verificare la possibilità di mettere a disposizione temporaneamente spazi, anche piccoli, per accogliere i migranti che sono giunti o stanno arrivando in Italia e in particolare a Milano”. Alle comunità parrocchiali, ha precisato l’arcivescovo, viene chiesta una disponibilità in termini di strutture, non è richiesto di coordinare un’accoglienza che potrebbe rivelarsi non semplicissima. Sarà infatti la Caritas Ambrosiana a farsi carico di tutte le responsabilità e della gestione concreta delle persone che verranno ospitate nelle strutture.
Le parrocchie: l’accoglienza deve essere adeguata e rispettosa
Ma cosa pensano i parroci della Brianza dell’appello del papa e dell’arcivescovo? E cosa i loro parrocchiani?
Se la macchina della solidarietà si è messa in moto con tempi e modi diversi a seconda delle singole realtà parrocchiali, senz’altro sono molti e diversificati i progetti attivi in Brianza sul fronte dell’accoglienza, progetti che più di una volta coinvolgono, più o meno marginalmente, le parrocchie stesse. Uno degli esempi più virtuosi è senz’altro quello della Comunità pastorale Pentecoste di Cesano Maderno, che sotto la guida di don Flavio Riva ha creato un vero e proprio “Giardino della carità”, in cui vivono una ventina di ragazzi nigeriani coinvolti in diverse attività parrocchiali. Un esperimento da prendere a modello per creare una nuova rete di accoglienza? Una rete che, magari, potrebbe fare perno sulle strutture attualmente in disuso presenti in non poche parrocchie?
Sembra facile a dirsi. Nei fatti, però, alle parole del papa molti parroci sono costretti a rispondere “non possiamo”. Perché non c’è posto, o il posto non è adeguato.
Il problema infatti è che nella maggior parte dei casi le strutture disabitate in possesso delle parrocchie non sono agibili, sono spesso prive di luce, acqua corrente e riscaldamento, andrebbero sistemate, adeguate alle normative più recenti. Per farlo occorrerebbero soldi che non ci sono. L’alternativa sarebbe stipulare delle convenzioni con soggetti privati che però “vincolerebbero gli immobili di proprietà della Chiesa per trent’anni”, come ha dichiarato a QuotidianoNet don Dario Pirotta, parroco di Seveso.
“Occorre accogliere queste persone in modo rispettoso e degno”, ci dice monsignor Bruno Molinari, della comunità pastorale di San Giovanni Paolo II di Seregno. “Da ormai 10 mesi la comunità pastorale ospita 25 richiedenti asilo dislocati nelle strutture del Piccolo Cottolengo di don Orione e del convento delle suore Figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli. Frequentano i corsi di italiano e si stanno impegnando nei lavori per la comunità, dall’assistenza agli anziani ad altri piccoli servizi, ma da mesi vivono in una situazione di incertezza e non hanno ancora ottenuto la definizione del loro status”. Insomma, non si tratta di un ‘riparo di emergenza’: i tempi di permanenza nelle strutture si prolungano e anche per questo occorre che l’accoglienza sia adeguata.
I parrocchiani: dalla diffidenza alla gara di solidarietà
E i cittadini brianzoli cosa pensano dell’appello del papa? Se a fine agosto a Lazzate c’è stata una vera e propria mobilitazione dei cittadini contro il possibile allestimento di una tendopoli provvisoria per i profughi, (‘Lazzate ai Lazzatesi’ lo slogan), la preoccupazione di molti sembra riguardare soprattutto le possibilità effettive che il territorio ha di accogliere e ‘integrare’ una massa di disperati che, a vedere le immagini in tv, sembra davvero enorme.
Ma è proprio in molte realtà parrocchiali che è scattata una ‘gara di solidarietà’ silenziosa ma inarrestabile. “Quando abbiamo deciso di accogliere questi 25 migranti, sul mensile della parrocchia mi sono rivolto ai parrocchiani, chiedendo loro di dare fiducia a questo progetto di accoglienza e di offrire aiuto, ciascuno secondo le proprie possibilità”, ci racconta monsignor Bruno Molinari. “Sono sincero, temevo che l’iniziativa sarebbe stata accolta con una certa diffidenza, la questione dei migranti è un tema su cui ci si divide molto”. E invece: “Ha preso il via una mobilitazione, una ‘gara di solidarietà’ che mai mi sarei aspettato. I parrocchiani portano cibo, scarpe, vestiti, persino biciclette”. Questa la risposta, silenziosa e concreta, di tanti brianzoli. Papa Francesco apprezzerebbe. Ma la domanda è: sarà sufficiente?
Francesca Radaelli