di Francesca Fumagalli
OPENAGRI: La nascita dell’agricoltura peri-urbana
«Nos patriae fines et dulcia linquimus arva;
Nos patriam fugimus tu, Tìtyre, lentus in umbra
formosam resonare doces Amaryllida silvas.»
Virgilio, Ecloga I
Meno di mezzo secolo prima della nascita di Cristo, il poeta latino Virgilio espresse il proprio dolore per la perdita dei suoi campi attraverso le malinconiche parole di Meliboeus, un anziano contadino sottoposto all’esilio forzato nella città di Roma. All’epoca, l’agricoltura rappresentava la principale fonte di sopravvivenza per i popoli dell’Europa e dell’Asia, che risiedevano prevalentemente nelle campagne, mentre le aree metropolitane si limitavano ad essere un importante punto di ritrovo per intellettuali e personaggi politici.
Ventun secoli dopo, la distribuzione abitativa appare assai differente: la popolazione lavoratrice ha sviluppato competenze industriali specializzate portando così all’affollamento dei centri urbani, mentre le terre coltivate sono state confinate in aree limitate dove l’agricoltura è praticata su grande scala. Tra questi due estremi è emersa una tipologia di territorio sterile e arretrato: le cosiddette aree peri-urbane, definite come luoghi in cui la trama urbana e agricola si compenetrano con risultati sfortunati.
Tale soluzione distributiva dei terreni abitativi e coltivati sta inevitabilmente raggiungendo un vicolo cieco: ci troviamo difronte allo sviluppo di una nuova coscienza ambientale, che richiede prodotti a Km-0 a prezzi sostenibili, i quali, in un mondo in cui la campagna si colloca genericamente molto distante dalle aree metropolitane, sono difficilmente reperibili a basso costo. Inoltre, oltre ad una ripartizione disarmonica della struttura urbana, le aree municipali stanno affrontando una parallela mancanza di omogeneità e assorbimento del capitale umano: la percentuale di individui NEET (Neither in Employment nor in Education or Training, in italiano “Né-né”) sta aumentando drasticamente nel corso degli anni ‘10, il processo di integrazione dei migranti nelle città è ancora lento ed approssimativo e molti Paesi europei come l’Italia soffrono la quotidiana fuga di cervelli di ricercatori di alto livello.
E se lo sviluppo delle aree periurbane si rivelasse essere la soluzione per entrambe le situazioni? Le poesie di Virgilio echeggerebbero ai giorni nostri: alle aree metropolitane in rapido movimento sarebbe chiesto di fare un passo indietro e ricordare i loro tempi bucolici.
Questo è esattamente quando e perché OpenAgri si mette in gioco: il progetto finanziato dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) è la proiezione italiana di Urban Innovative Actions e mira a contrastare le sovra menzionate difficoltà creatisi dal moderno connubio tra città e campagna. Il progetto si concentra su Milano e dintorni, un perfetto esempio di metropoli espansiva e altamente esigente, circondata da territori sterili e semi-abbandonati, che attualmente non sono impiegati né in qualità di strutture abitative né in qualità di campi coltivati.
Con lo slogan: “Nuove competenze per nuovi lavori nell’agricoltura peri-urbana”, OpenAgri mira allo sviluppo di queste ultime aree attraverso la nascita di una vivace sinergia tra le risorse della terra offerte dai centri peri-urbani e dal capitale umano e dal progresso tecnologico di cui, invece, il capoluogo lombardo è ricco.
Il progetto è stato ideato alla fine del 2016 da Rossana Torri, professoressa presso il Politecnico di Milano, ed è stato fortemente voluto dal Comune di Milano stesso, che ha trovato in OpenAgri sia un proseguimento della politica nutrizionale della città iniziata con Expo 2015, sia forti incentivi per l’avvio di start-ups, PMI innovative e per un rilancio dei progetti di inclusione sociale.
Per comprendere appieno come OpenAgri entri in azione, dobbiamo innanzitutto conoscerne il cuore: Cascina Nosedo. Cascina Nosedo è un edificio rurale situato nella cosiddetta “periferia urbana” di Milano (ovvero “Porto di Mare”), a cui OpenaAgri ha dato nuova nel giugno 2018 come hub del progetto. Questo laboratorio altamente tecnologico e innovativo è progettato per ospitare le attività di ricerca più avanzate della missione, tra cui ricordiamo: OffiCucina, Aquaponics Greenhouse e il Centro di sviluppo.
Quest’ultimo è di gran lunga l’elemento più fertile di OpenAgri, che detiene l’obiettivo di svolgere un ruolo pionieristico tra le attività agroalimentari periurbane europee. Il Centro di Sviluppo, indicato anche come programma 18×30, si concentra sulla distribuzione dei 30 ettari che delimitano Cascina Nosedo tra 18 attività selezionate, distintesi per le loro idee all’avanguardia su soluzioni ambientali, tecnologiche o sociali che hanno valso loro un posto nel progetto finanziato dal FESR.
Ad esempio, si pensa che un’innovazione rivoluzionaria per l’ottimizzazione del consumo di acqua potrebbe emergere da “SMAF – Smart Agriculture for Flowers”: un piano di ricerca che mira a realizzare un “progetto agricolo multifunzionale e di precisione, che prevede la coltivazione di alimurgiche, commestibili e aromatiche fiori, utilizzando soluzioni di agricoltura intelligenti”, grazie ai quattro ettari concessi dal programma 18×30.
Indubbiamente degna di nota è anche l’attività svolta da “IO P-ORTO”, una cooperativa che propone un “percorso di collocamento di persone migranti basato su una serie di agricole e non”.
In conclusione, con il sostanziale aiuto dell’Unione Europea, la città di Milano sta intraprendendo una missione olistica con lo sguardo al futuro: l’aumento del livello di sostenibilità alimentare insieme con la creazione di nuove possibilità di lavoro di alto livello e il potenziamento della coesione sociale durante la rigenerazione delle aree periurbane dimenticate.
OpenAgri ha stretto una partnership con oltre trenta società e organizzazioni, tra le quali ricordiamo le più riconosciute università del milanese, e si ritiene raggiungerà i suoi obiettivi entro la fine del 2020.
L’atmosfera bucolica decantata dai romantici versi di Virgilio è stata, dunque, adattata ai gusti e alle esigenze della struttura urbana del 21 ° secolo: città e campagna non sono più realtà distinte e incompatibili ma, bensì, connesse dall’esistenza di un’area di transizione, che combina in modo omogeneo il progresso tecnologico tipico delle aree metropolitane con la sostenibilità ambientale dei luoghi rurali.
Qui il testo in inglese