di Francesca Radaelli
Monza si conferma fanalino di coda della Lombardia per quanto riguarda l’attenzione all’ambiente. Nella classifica Ecosistema Urbano 2017 sulle performance ambientali dei comuni capoluogo, stilata da Legambiente a livello nazionale, la città del Parco si posiziona 94esima in tutta Italia, su un totale di 104 capoluoghi di provincia, distinguendosi soprattutto per livelli troppo alti di biossido di azoto, ozono e PM10.
Che a Monza non tiri una buona aria è un fatto ormai assodato da tempo, ma forse la vera cattiva notizia è che nulla sembra essere cambiato, se non in peggio, rispetto all’edizione 2016 del rapporto di Legambiente, in cui Monza si posizionava al 91esimo posto. I dati sull’inquinamento dell’aria sono impietosi. Il biossido di azoto rilevato dalle centraline nel 2016 registra un valore medio di 59 µg/mc (microgrammi per metro cubo), mentre nel rapporto dell’anno scorso relativo al 2015 era di 47 µg/mc e in quello dell’anno prima di 37 µg/mc. A Mantova, prima delle lombarde il dato è di 22,25 µg/mc. Se si passa a considerare l’indicatore ozono, ossia la media dei giorni di superamento della media mobile di 120 µg/mc, il quadro non è affatto più confortante: 66 giorni su 365 oltre la soglia, mentre l’anno scorso erano 50 e due anni fa 30. Quanto alla concentrazione di PM10 nell’aria che respiriamo, la media annua è di 35 µg/mc, in linea con i 38 µg/mc dell’anno scorso e i 33 µg/mc di due anni fa. Secondo il quadro tracciato da Legambiente, Monza si posiziona agli ultimi posti anche per consumo di acqua e aree pedonali, depurazione dell’acqua e incidenti stradali.
Che fare per invertire la tendenza? Recentemente Fabrizio Annaro, direttore de Il Dialogo di Monza ha rivolto una lettera aperta ai sindaci della Brianza proprio su questo tema.
Una prima indicazione viene dalla presidente nazionale di Legambiente, Rossella Muroni, che, nelle pagine introduttive del report Ecosistema Urbano 2017 lancia un appello ai sindaci: “Copiatevi!”. Perché, sottolinea l’associazione, le esperienze positive maturate in questi anni nelle città italiane sono replicabili ed esportabili, e soprattutto funzionano. “Non c’è nulla di male nel copiare, basta saperlo fare bene!”.
D’altronde, nella stessa Lombardia gli esempi a cui guardare non mancano. Mantova quest’anno si posiziona al primo posto nella classifica di Legambiente su scala nazionale, grazie ai buoni risultati sul fronte dei rifiuti e delle misure di mobilità, e anche la stessa Milano viene indicata dall’associazione come un esempio positivo, come una città che “nel corso degli anni si è lasciata alle spalle il fondo della classifica arrivando quest’anno alla 31esima posizione, e deve il risultato soprattutto a buone prestazioni nella depurazione idrica e nella raccolta dei rifiuti, all’efficacia di scelte innovative come Area C, car- e bike-sharing e al potenziamento del trasporto pubblico, alla riduzione dell’incidenza della motorizzazione privata” (che comunque resta a livelli doppi rispetto alle altre grandi città europee).
Se sul fronte qualità dell’aria la città meneghina resta insieme a Torino quella con il record negativo di superamenti dei limiti consentiti dalla normativa sui livelli di polveri sottili, Milano è però anche l’unica città italiana insieme ad altre 11 metropoli globali ad aver preso impegni concreti , in occasione del network C40, per città più verdi e sane, con “zone a zero emissioni e libere dalle energie fossili entro il 2030” e, a più breve termine, ad acquisire solo mezzi pubblici a zero emissioni a partire dal 2025.
Basandosi sui dati di Ecosistema Urbano, Legambiente Lombardia ha predisposto una ‘agenda delle città’, che mette in fila le priorità d’azione: come grande priorità trasversale a tutti i capoluoghi si conferma proprio il fronte della lotta all’inquinamento, che vede nel triangolo Milano-Monza-Como, cuore dell’area metropolitana lombarda, lo ‘zoccolo duro’ delle emissioni.
Come agire in concreto? Secondo Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia, “decongestionare le città dal traffico e attuare una riqualificazione energetica degli edifici aumenterebbe il benessere dei cittadini e ne tutelerebbe la salute. Purtroppo da questi obiettivi siamo ancora lontani. Serve un cambio di passo anche delle amministrazioni, anche per intercettare nuove opportunità di finanziamento”. La palla passa ancora una volta ai sindaci.