di Daniela Zanuso
“Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre”
E’ il 30 gennaio 1948 quando Mohandas Karamchard Gandhi, il Mahatma, la “Grande Anima”, come lo ha chiamato il premio Nobel Tagore, viene ucciso per mano di un fanatico indù.
Gandhi è stato una guida spirituale e politica per l’India e non solo, un testimone di verità, un simbolo di pacifismo.
La sua vita, la forza sbalorditiva delle sue azioni sono state, e ancora oggi sono, fonte di ispirazione. Personalità illuminate, Martin Luther King, Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi hanno dato vita a movimenti di indipendenza e di difesa dei diritti civili prendendo esempio da lui e dai suoi insegnamenti.
Gli anni decisivi sono quelli in Sudafrica, quando entra in contatto con l’apartheid, l’intolleranza, il razzismo e le condizioni di schiavitù nelle quali vivevano i suoi connazionali. Qui inizia l’elaborazione delle sue idee e diventa il portavoce del sentimento di autodeterminazione di un intero popolo.
E’ in Sudafrica che conia la parola satyagraha, per distinguerla da espressioni come “disobbedienza civile” o “resistenza passiva”. Il satyagraha è una parola composta da satya (verità) e agraha (fermezza) e Gandhi la definisce con l’espressione “la forza dell’anima” che, integrata e rafforzata dall’altro principio dell’ ahimsa, la “non violenza”, racchiude tutta la sua filosofia di vita.
“La non violenza è il primo articolo della mia fede e l’ultimo del mio credo. E’ la più grande forza a disposizione dell’uomo, la più potente arma di distruzione ideata dall’ingegno umano”. In questo concetto c’è la carica positiva della benevolenza universale e dell’ “amore puro”. La lotta diventa momento costruttivo e non distruttivo.
Ha conosciuto il carcere in molteplici occasioni. Il digiuno, la castità, il boicottaggio dei prodotti stranieri sono state forme di protesta, modi per dare visibilità al suo dissenso oltre che di coinvolgere il suo popolo.
Non sempre è riuscito a controllare le profonde divisioni interne soprattutto fra musulmani e indù e nonostante i suoi sforzi, il 15 agosto 1947, la tanto agognata indipendenza non avrà il suo sostegno. La divisione tra India e Pakistan e le forti tensioni politiche sfoceranno, difatti, in una guerra che lui cercherà in tutti i modi di fermare con il digiuno e il dialogo.
La sua personalità è stata inequivocabilmente provocatoria e lo è ancora oggi, soprattutto per noi occidentali. Il suo è un invito continuo ad una presa di posizione e la sua stessa opera è un evidente prova di come lui non si sia limitato a sviluppare una filosofica di vita, ma l’abbia soprattutto messa in atto con la pratica applicazione ai problemi che incontrava.
Come egli stesso sosteneva, la sua vita è il suo messaggio: “Durerà ciò che ho fatto, non quello che ho scritto o detto”.
In India è riconosciuto come Padre della nazione e il 2 ottobre, giorno della sua nascita , è stato dichiarato festa nazionale oltre che “Giornata internazionale della non violenza” dall’ONU.
Einstein di lui disse: “Forse le generazioni a venire faranno fatica a credere che un individuo in carne e ossa come questo ha camminato su questa terra.”
Daniela Zanuso