di Francesca Radaelli
9 novembre 1989: cadeva il muro di Berlino. Il simbolo della Guerra Fredda, il marcatore della frontiera tra Germania Est e Ovest, l’emblema della divisione dell’Europa (e del mondo) nei due blocchi americano e sovietico.
Lungo più di 155 chilometri, fu eretto in fretta e furia nel 1961, durante la notte tra il 12 e il 13 di agosto per iniziativa della DDR – la Repubblica Democratica Tedesca – con lo scopo di arginare le fughe a ovest dei propri cittadini. “Die Mauer” era costituito in origine da due muri paralleli di cemento armato, che racchiudevano la cosiddetta “striscia della morte”, larga qualche decina di metri. Al termine della sua costruzione, Berlino ovest divenne una sorta di cittadella fortificata, una piccola isola all’interno della Germania Est.
Presentato dal governo della Repubblica Democratica Tedesca come un “muro di protezione antifascista” il cui scopo era proteggere gli abitanti da una paventata aggressione dall’Ovest, divenne presto simbolo della mancanza di libertà per i cittadini dei Paesi comunisti. Inizialmente, era solo uno il punto in cui stranieri e turisti avevano la possibilità di attraversare la frontiera, e si trovava in Friedrichstrasse, in corrispondenza del celebre Checkpoint Charlie.
La storia del muro è fatta di tentativi di fuga tragici e rocamboleschi. Quando ancora non era ultimato, ci fu chi si servì di auto sportive (più basse del normale) per passare sotto le impalcature. In seguito ci si ingegnò realizzando lunghe gallerie sotterranee, o addirittura utilizzando aerei ultraleggeri. Furono oltre 5mila i tentativi di fuga che andarono a buon fine, mentre almeno 133 persone (secondo alcune stime più di 200) furono uccise dalla polizia di frontiera della DDR mentre cercavano di passare a Berlino Ovest.
E ci furono anche dei tentativi di attraversare il muro da ovest a est, come quello di John Runnings, che a un certo punto si mise a camminare in equilibrio sul muro per circa 500 metri, tra Potsdamer Platz e il Checkpoint Charlie, sotto gli sguardi pieni di meraviglia dei passanti. Per la maggior parte di loro, i berlinesi, il muro divenne presto un dato di fatto, una frontiera da non mettere in discussione, che faceva ormai parte della città di Berlino, della sua identità oltre che del suo skyline.
‘Quella’ Berlino ebbe fine quel fatidico 9 novembre 1989.
Quando cioè, dopo mesi di disordini e manifestazioni contro il governo della DDR, durante una conferenza stampa, Günter Schabowski, il ministro della Propaganda della Repubblica Democratica Tedesca, annunciò che tutti i berlinesi dell’Est avrebbero potuto attraversare il confine. In realtà il provvedimento avrebbe dovuto entrare in vigore nei mesi successivi, le guardie di confine non ne sapevano nulla.
E a dire il vero fino a poco prima della conferenza stampa, non ne sapeva nulla nemmeno Schabowski. Lui era in vacanza quando i vertici del governo avevano preso la decisione, gli venne affidato il compito di comunicare la notizia, ma non ricevette informazioni né sui dettagli né sul modo in cui dare l’annuncio. E quando decine di migliaia di berlinesi dell’Est udirono Schabowski annunciare in diretta alla televisione che si poteva attraversare il muro, si affrettarono in marcia verso in Berlino Ovest.
Le guardie di confine furono colte alla sprovvista, non era più possibile contenere, né respingere una folla di così grandi dimensioni e i berlinesi dell’Est furono fatti passare all’Ovest. Prese il via una grande festa, la gente cominciò ad abbattere con martelli e picconi tratti di muro, ed ebbe inizio la riunificazione della Germania, conclusa ufficialmente nell’ottobre del 1990.
E fu così che, per un fraintendimento nella catena dei comandi DDR, il muro di Berlino cadde ufficialmente il 9 novembre 1989, una data che segna la fine di un’epoca.
A un quarto di secolo di distanza, il mondo della Berlino del Muro non c’è più, la Repubblica Democratica Tedesca con le sue Trabant, i suoi televisori e le sue scatole di fagioli è diventata una realtà da museo (visitare il DDR Museum di Berlino per credere).
I pezzi di muro vengono venduti come souvenir. Ma forse ciò che più impressiona, riavvolgendo il nastro, è pensare a quella massa di persone che, ad un annuncio in tv, quella notte di 25 anni fa sono uscite dalle loro case e hanno marciato verso ovest, forti del loro numero. Come se non avessero aspettato altro durante tutto quel tempo.