Intervista a cura di Safia Zappa
Padre Sante Gatto è un Missionario Saveriano. E’ stato per parecchi anni in Brasile, in missione. Da qualche tempo è rientrato in Italia per una nuova missione: vivere il Vangelo nel ricco occidente, nella nostra terra. Padre Sante ha accettato di rispondere alle nostre domande e di riflettere con noi sul significato del Natale.
Che cos’è veramente il Natale?
Prima di risponderti vorrei fare una breve riflessione. Sono rientrato da pochi minuti al lavoro in Ufficio Missionario, presso la Curia, da una visita alla tela del Tiziano, La Sacra Conversazione (1520), esposta a Palazzo Marino qui a Milano. Un momento di vera contemplazione e gratuità che mi sono concesso. Un bel regalo di Natale. Tutta la scena e gli sguardi dei personaggi coinvolti indicano il Bambino Gesù tenuto in braccio dalla Madre, mentre gli occhi del Figlio di Dio fissano i visitatori. Un vero tesoro per la sua bellezza, espressività e attualità che varrebbe la pena scoprire tra il correre frenetico e caotico del nostro vivere. Soprattutto in questo periodo Natalizio … ma torniamo alle domande.
Che significato ha il dono di Natale in una società consumistica come la nostra? Si può ancora parlare di dono senza il momento della gratuità? Il dono genera un debito nel ricevente?
I Cristiani nel Natale celebrano Cristo che prende dimora tra tutti noi, per cui diventa un dono e un momento propizio – è pura Grazia – offerto a tutta l’umanità per vivere un incontro personale con il Signore. Dio non offre un dono senza darci la capacità o facoltà di riceverlo. Se Dio nel Natale ci offre gratuitamente suo Figlio, il Dono dall’Alto, sicuramente perché ciascuno ha ricevuto le condizioni e la liberà per capirlo e per riceverlo nella libertà in un atto di amore.
Proprio nella nostra realtà socioeconomica questo “dono” che appartenente genera solo un interesse di tipo consumistico – un tornaconto, un calcolo –, invece risuona sommessamente ma in modo inarrestabile come monito per un nuovo inizio nella riscoperta dell’essenziale della vita. Di fatto, ci accorgiamo che nel nostro vissuto siamo fatti di tutto ma, allo stesso tempo, il nostro cuore rimane inquieto ed è per questo che il Natale dona gratuitamente il gusto della bellezza e del senso della vita stessa.
Il Natale del Signore è gioia, gioia contagiosa che nasce dal profondo del nostro essere, dall’anima per cui incalcolabile, è pura gratuità e gratitudine.
Quanto, secondo lei, c’è di cristiano oggi nella festa del Natale?
Se ci fermassimo ad osservare attentamente i volti dei semplici, dei poveri, degli esclusi, dei migranti, dei senza lavoro, degli homeless, dei bambini, dei profughi, dei popoli che condividono con noi le nostre città e delle famiglie che fuggono dai conflitti, ci si rende conto di quando questo mondo abbia bisogno del Natale di Cristo, non solo in questo periodo dell’anno, ma nella normalità della vita.
Sarebbe davvero riduttivo pensare nella venuta del Salvatore solo per qualche giorno e poi nel decorso dell’anno scordarcene tranquillamente. Il Natale Cristiano non si ferma mai, ma genera la cultura del dialogo, dell’incontro, della riconciliazione e della giustizia nella più completa normalità del vissuto quotidiano. Il senso cristiano di questa festa sta nella continuità della vita, dentro il cuore e le vene della storia. Il mondo ne ha proprio bisogno.
Secondo lei cosa determina il distacco dalla Fede ma il permanere dell’attaccamento a festività come il Natale?
L’operazione culturale in atto mi sembra quella di render Dio innocuo. In fin dei conti si può vivere senza Dio! Il distacco o addirittura la rottura della fede dalla vita è uno dei drammi del nostro tempo. Il Natale ci ricorda che Dio stesso prende l’iniziativa di visitarci ed abitare in mezzo a noi per rendere il nostro mondo ad immagine del suo progetto di Salvezza, rivelato nell’Incarnazione del Figlio.
Dio è puro amore e per questa decisione di amare liberamente l’uomo e, qualsiasi uomo senza esclusione, lascia nel cuore del mondo questa sete di infinito, di bellezza, di un sogno possibile: un altro mondo è possibile, quello a Sua immagine. L’essere umano ontologicamente e antropologicamente è aperto al Trascendente, a Dio stesso, che ha preso visibilità nella pienezza dei tempi – kairòs – in Gesù, il Figlio Amato.
Cosa pensa della figura di Babbo Natale? Cosa bisogna raccontare, secondo lei, ai bambini?
Babbo Natale lo vedo simpaticamente come simbolo di bontà diffusa. Di fatto, però è diventato un’operazione di mercato altamente remunerativa – puro business – senza agganci concreti con la realtà.
Lo si è globalizzato più che Gesù Cristo. Non c’è da stupirsi nel vederlo ovunque, forse un giorno anche nella mangiatoia!
Sarebbe però opportuno ricordare di non perdere il gusto di raccontare e di trasmettere alle nuove generazioni che ci sono molti nonni, ‘babbi Natale’ dimenticati, soli con cui intessere relazioni affettive profonde, cariche di sapienza, di vita, di fede e di speranza, non solo a Natale.
Se devo scegliere preferisco genuinamente la Sacra rappresentazione del Presepe che sempre attrae nella suo messaggio di luce, di speranza e di semplicità e che (s)muove a sentimenti di fratellanza universale e pace tra tutti i popoli. Mi piace riscoprire lì senso della storia, il gusto della vita, il valore delle relazioni e della solidarietà concreta.
Desidero concludere proponendo ai lettori de il Dialogo di Monza una frase di Papa Francesco: “La gioia del Natale è una gioia speciale; ma è una gioia che non è solo per il giorno di Natale, è per tutta la vita del cristiano. È una gioia serena, tranquilla, una gioia che sempre accompagna il cristiano … Il Natale spesso è una festa rumorosa: ci farà bene stare un po’ in silenzio, per sentire la voce dell’Amore”
Buon Natale!