di Mattia Gelosa
Il 22 novembre 2007 ci lasciava Maurice Béjart, ballerino e poi coreografo francese noto per aver portato importanti novità nell’ambito della danza.
Figlio del filosofo Berger (il cognome Béjart è infatti un nome d’arte), si appassiona subito alla danza e nel 1941, quattordicenne, esordisce all’ Opera di Parigi accanto a Roland Petit.
Il grande passo avanti sarà nel 1960, quando presenta al Teatro Reale della Zecca di Bruxelles una versione de La sagra di primavera di Stravinskij moderna e sconvolgente.
In questa revisione del classico della danza, prima coreografato da Nijinskij nel 1913 per i Balletti Russi di Nureyev, Béjart abbandona lo sfondo della Russia ancestrale per una collocazione priva di spazio e di tempo.
In un palco vuoto e chiuso da pareti scure, si muovono uomini e donne vestiti con body integrali dai colori terrosi. Una luce dorata esalta i corpi dei ballerini, con i maschi impegnati in gesti brutali e animaleschi come salti a terra con le mani che battono il pavimento, seguendo le pulsazioni della straordinaria partitura di Stravinskij.
Non c’è eleganza, non vi sono tracce di armonia e raffinatezza, solo passaggi che necessitano di una notevole forza fisica e muscolare.
Solo con le donne i gesti si fanno più fluidi e le forme si proiettano spesso verso il cielo più che verso la terra, fino al finale con l’accoppiamento dell’uomo e della donna eletti per il sacrificio.
Lo spettacolo, per il suo finale e per l’eccessiva ed impudica esaltazione dei corpi, che parevano nudi, fa parlare di sé, ma l’operazione è un tale successo che il direttore del teatro decide di scritturarlo come direttore di una compagnia stabile di danza. Nasce così il Ballet du XXe siècle, una compagnia che durerà dal 1960 al 1987, quando viene sciolta da Béjart stesso, che rompe col direttore del teatro e con il Belgio per trasferirsi a Losanna.
In questi lunghi anni la compagnia ha portato sulle scene opere come Sinfonia per un uomo solo o una celebre versione coreografata del Bolero di Ravel. Il suo ideale era quello di una danza che si evolvesse dalla classica, alla ricerca di nuove forme espressive tramite movimenti inconsueti che esaltassero l’anatomia dei corpi.
Sebbene accusato di essere rimasto comunque ancorato troppo ai passi classici, Béjart fu sicuramente un innovatore e un ponte fra la disciplina tradizionale e la danza moderna più libera.
Con il Bolero ha voluto esprimere il bisogno di ricerca di un teatro totale attorno alla danza, in Sinfonia per un uomo solo analizza i malesseri e le violenze della società moderna fondendo con la danza vera e propria anche il gesto, spesso simbolico come il cercare una fuga dal mondo aggrappandosi a una corta appesa al soffitto.
Nel 1987 a Losanna continua a insegnare danza tramite la sua compagnia, il Béjart Ballet de Losanne, finchè negli anni duemila non inizia a calare la sua attività a causa di gravi problemi cardiaci e renali.
Nel luglio 2007 al Teatro alla Scala mette in scena Grazie Gianni con amore, omaggio a Gianni Versace per il decennale della sua morte e grande successo, ma anche sua ultima opera.
Muore infatti il 22 novembre 2007 a pochi giorni dal debutto della sua ultima fatica, Il giro del mondo in 80 minuti.