Papà tu sei un assassino?

di Enzo Biffi

Papà tu sei un assassino? Una bella storia: da Ingegnere della morte a operaio della vita.

Cerco di immedesimarmi nell’imbarazzo davanti alla ingenua verità che solo i bambini sanno evidenziare. Per Vito Alfieri, ingegnere, inventore e costruttore di mine antiuomo, non deve essere stato facile rispondere al figlio, allora bambino, che nello scoprire il lavoro di suo padre ne trasse la banale conclusione.

Tanto complessi sono certi temi per gli adulti, quanto sintetica e scontata la risoluzione per i bambini.  Nascondersi dietro alla complessità delle cose anche se tragiche, per giustificare il mancato coraggio di cambiarle, è l’alibi più disperato degli adulti.

“Papà tu produci armi? “

Nell’ingegner Alfieri iniziò forse il quel momento, nel brevissimo spazio prima della risposta, a lavorare il dubbio. Forse proprio in quella piccola pausa che intercorre fra capire la domanda di un bambino e organizzare i pensieri per rispondere, un tarlo di coscienza prese a scavarlo di dentro.

Il tarlo rode piano e si moltiplica, l’inquietudine qualche volta è benigna e ci porta altrove, a partire per  trovare nuove prospettive, nuovi posti dove stare.

L’ingegnere Alfieri stava lasciando il posto al sig. Vito.

Questo deve aver pensato quando, con una telefonata e un invito, due colossi dell’umanità, allora e per sempre, come Gino Strada e Monsignor Tonino Bello presero ad interessarsi a lui.

Il resto fu una storia enorme, fatta di vent’anni di impegno, di migliaia di mine disinnescate, di un’azienda riconvertita pagando l’ostilità dei famigliari, la diffidenza di molti e soprattutto cercando continuamente un equilibrarsi faticoso coi propri sensi di colpa.

Poi, infine, la metamorfosi compiuta: da Ingegnere della morte a operaio della vita.

Davanti a storie come questa, ogni volta mi sorprendo a riscoprire la possibilità che avvengano. Mi domando da dove arriva certa energia misteriosa grazie alla quale si riesce a invertire la rotta. Ovviamente non c’è risposta alcuna se non l’accettazione della nostra condizione umana che talvolta invidia il volo all’aquila e talvolta si rassegna al suo passo pesante.

Certo se agli individui è dato di cambiare in meglio, sfidando finanche se stessi, e le società sono la summa degli individui, allora siamo obbligati a credere che la domanda di un bambino sia sufficiente ad invertire un destino.

Siamo obbligati a immaginare un altro Prometeo pronto a donarci ancora il fuoco per farne buon uso, per scaldarci e illuminarci e non già per incendiarci il futuro come sembrerebbe stiamo per fare.

Immagini da web

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