di Francesca Radaelli
Armi all’Ucraina per difendere gli ideali delle democrazie, l’idea di Europa e gli equilibri internazionali. Questa è la posizione del professor Vittorio Emanuele Parsi, che lo scorso martedì 21 marzo è stato ospite a Monza della serata organizzata al cinema Capitol dall’associazione Novaluna, nell’ambito della rassegna “Ripensiamoci”.
La serata, a cui ha partecipato anche l’assessora alla Cultura del Comune di Monza, Arianna Bettin, che ha sottolineato l’importanza di ascoltare voci competenti e autorevoli sul tema della guerra, ha visto Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica di Milano e Università di Lugano, dialogare con il giornalista Fabrizio Annaro, direttore de Il Dialogo di Monza.
Politica, guerra, democrazia
Lo scoppio della guerra in Ucraina in seguito all’invasione russa. è stato un grosso colpo per le democrazie europee, ma – ha spiegato il professore – la guerra è uno degli strumenti utilizzati da sempre dagli stati nella politica internazionale: “Avevamo rimosso la possibilità di una guerra in Europa perché tra democrazie non c’è posto per la guerra: Francia e Germania hanno smesso di combattersi con le armi quando sono diventate democratiche e solo dopo la seconda guerra mondiale l’Europa, che era stato fino a quel momento il continente più bellogeno, da posto della guerra è diventato il posto della pace”.
Parsi ha spiegato che l’ordine mondiale che le democrazie hanno cercato di mantenere si è basato fino al 24 febbraio 2022 sul coinvolgimento degli stati autoritari (come Russia e Cina) nel mercato globale, in modo da rendere la guerra un’opzione sconveniente. “La politica internazionale però è il prodotto di molti fattori, non solo di rapporti di forza e non solo di rapporti economici, e le conseguenze delle azioni degli Stati non sono sempre prevedibili. Putin pensava che l’Ucraina non avrebbe opposto resistenza, e si sbagliava”.
Democrazie contro stati autoritari
Nel corso del suo intervento il professor Parsi ha rimarcato più volte la distinzione tra le democrazie europee e il regime autoritario di Putin, responsabile peraltro dell’invasione di uno stato – l’Ucraina – che ora sta combattendo per la propria libertà. Una vittoria della Russia metterebbe in pericolo il destino della democrazia nel mondo, a partire dall’Europa. Anche se spesso imperfetta e non priva di contraddizioni (i populismi e le diseguaglianze ricordate da Fabrizio Annaro), “la democrazia”, sottolinea Parsi, “resta il modo più gentile per governare e anche il più efficiente, dal momento che quando la società è libera produce più ricchezza e può mobilitare più risorse”.
In un mondo in cui l’ordine internazionale è sempre più dipendente da mercati e finanza, anche per le democrazie i problemi non mancano. Eppure, afferma Parsi, non saranno gli stati autoritari a poter risolvere i grandi problemi di oggi – dal riscaldamento globale alle migrazioni internazionali – poiché le soluzioni richiedono un metodo di lavoro cooperativo che appartiene solo alla democrazia.
Perché aiutare l’Ucraina e aumentare la spesa militare
Secondo Parsi le democrazie europee non solo devono sostenere la causa dell’Ucraina aggredita dalla Russia e fornire aiuti militari all’esercito ucraino, ma devono armarsi ulteriormente, aumentare la propria spesa militare anche una volta finita la guerra, per non ritrovarsi “assediati” dalla Russia e per sganciarsi dalla dipendenza militare dagli Stati Uniti. L’obiettivo dovrebbe essere la costruzione di una difesa europea autonoma: “L’Europa deve saper difendere se stessa e proiettare sicurezza oltre i propri confini”.
Il professor Parsi spiega che l’aiuto militare all’Ucraina è per gli stati europei l’unico modo per contrastare la Russia, soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi: l’incriminazione di Putin da parte della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia con l’accusa di aver deportato minori ucraini in Russia, e gli incontri tra Putin e il presidente cinese Xi Jinping, che sembrano indicare una convergenza internazionale tra due stati autoritari piuttosto che un tentativo di mediazione diplomatica.
Equilibri internazionali, migranti, Medio Oriente
Stimolato dalle domande di Fabrizio Annaro, Vittorio Emanuele Parsi si sofferma quindi sulle problematiche internazionali che riguardano aree del mondo esterne all’Europa ma comunque legate agli equilibri internazionali del mondo globalizzato. A partire dall’esplosione demografica in Africa e dai flussi migratori diretti verso l’Europa, che non possono essere arrestati: “Invece dell’illusione di ‘aiutarli a casa loro’ e di controllare le rotte nei Paesi di transito, si dovrebbe guardare al fenomeno in maniera pragmatica e con coerenza, distinguendo rifugiati politici (che le leggi impongono di accogliere) e migranti economici, rispetto ai quali si potrebbero creare dei flussi controllati regolari di forza lavoro”.
Rispetto al Medio Oriente, invece, Parsi si mostra preoccupato rispetto al pericolo di deriva autoritaria del governo israeliano di Netanyahu, che con i suoi interventi sulla Corte di Giustizia rischia di mettere in pericolo uno dei pilastri fondamentali della democrazia, ossia la divisione dei poteri: “La fuga delle start up da Israele dimostra che si investe malvolentieri dove vengono a mancare le garanzie democratiche”.
Infine rispetto alle dinamiche della politica internazionale Parsi mette in guardia dal rischio di invertire cause ed effetti: “Le crisi locali non sono mai orientate dall’esterno, le nazioni non combattono guerre per procura, ma per difendere i propri interessi. Possono trovare patrocini e appoggi da parte di potenze internazionali, ma le cause sono sempre locali”. Come a dire: non sono la Nato o gli Stati Uniti i responsabili dell’invasione russa in Ucraina.
La pace è possibile?
Numerose le domande del pubblico per il professore. Stimolato anche dall’idea, sostenuta da Parsi, che sia necessario aumentare la spesa militare, viene posto il grande interrogativo,: “Come si può costruire la pace?”. La risposta di Parsi sottolinea la necessità di difendere la democrazia, ritenendola fondamentale per la costruzione della pace: cita le parole del presidente americano Wilson dopo la prima guerra mondiale e l’obiettivo di rendere il mondo “un posto sicuro per la democrazia”. Si dice convinto che la “la guerra in Ucraina dovrà finire solo quando cesserà l’invasione”, quindi con un arretramento militare dei russi. Poi, allargando lo sguardo, sottolinea l’importanza di garantire una “via istituzionale” per la pace a livello internazionale.
“La pace è possibile?”, chiede infine Fabrizio Annaro. Malgrado tutto, il professor Parsi si dice ottimista, e precisa: “Analizzare in modo spietato e pragmatico la realtà politica internazionale non vuol dire che questa non possa cambiare in meglio”.