di Francesca Radaelli
“Ogni parrocchia apra le porte a una famiglia di profughi”. Nell’autunno 2015, di fronte agli arrivi nel nostro paese di un numero crescente di migranti in fuga da guerra e povertà l’appello di papa Francesco aveva spronato il popolo cristiano a farsi protagonista dell’accoglienza. In Lombardia il cardinale della Diocesi di Milano Angelo Scola esortava le realtà parrocchiali a mettere a disposizione piccoli spazi per l’accoglienza diffusa.
A Monza, nella parrocchia di San Biagio, lo spazio a disposizione era quello dove prima abitava il sacrista in pensione. Uno spazio vuoto e inutilizzato che a circa un mese dall’appello del papa è stato utilizzato per dare alloggio a sei persone provenienti da Mali e Costa D’Avorio, nell’ambito del progetto di accoglienza diffusa messo in campo dal Consorzio Comunità Brianza e dalla rete RTI Bonvena. Il parroco, don Marco Oneta, ha deciso di provare a dare un significato ulteriore alla presenza, così vicina ai parrocchiani, di questi giovani venuti da tanto lontano.
L’idea di Don Marco è stata quella di provare a rendere più dignitosa e stimolante l’accoglienza di queste persone, di coinvolgerle nelle attività della parrocchia, di metterle in contatto con i giovani dell’oratorio. In poche parole di creare una relazione.
Don Marco chiama a raccolta un gruppo di giovani volontari della parrocchia, che si mettono all’opera. Nasce così il gruppo di conversazione, che aiuta i ragazzi che stanno frequentando li corsi serali della scuola Confalonieri a fare pratica con la lingua italiana. Ma si crea anche un tipo di collaborazione che coinvolge altri aspetti della vita parrocchiale.
Qualcuno dei ragazzi aiuta a preparare i carri per la sfilata di Carnevale nella comunità di San Pio X, altri vengono coinvolti in ulteriori attività fuori o dentro la parrocchia, dalle pulizie di primavera ai tornei di calcio. Dopo qualche mese qualcuno se ne va. La domanda di protezione internazionale è stata accolta, oppure no: in ogni caso bisogna prendere altre strade. Arrivano altri a popolare la vecchia casa del sacrista. Non tutti prendono parte a tutte le attività, qualcuno è impegnato con il lavoro, altri con la scuola. Sono soprattutto i ragazzi che ancora non lavorano ad essere coinvolti.
E quando arriva l’estate e il tempo dell’oratorio feriale, anche ai ragazzi che vivono a San Biagio viene proposto di partecipare. “L’anno scorso siamo riusciti a coinvolgere uno solo dei ragazzi, perché gli altri erano tutti impegnati on gli esami di licenza media”, racconta Fausto Borgonovo, uno dei giovani volontari che hanno coordinato le attività a San Biagio. “Quest’anno invece sono stati due i ragazzi che hanno partecipato, contribuendo nel pomeriggio alla gestione del bar nei locali della scuola parrocchiale ed entrando così in contatto soprattutto con i ragazzi più grandi, quelli delle scuole medie. L’attività che abbiamo scelto è coerente con il loro percorso formativo, poiché tutti e tre avevano seguito corsi professionali per operatori della ristorazione nell’ambito dei progetti del consorzio”. L’esperienza si è conclusa la scorsa settimana, con la fine dell’oratorio feriale. “E’ stata una bella esperienza, utile sia come occasione per parlare italiano fuori dal contesto scolastico, sia per creare un rapporto con i ragazzi che hanno frequentato l’oratorio, in maniera del tutto spontanea e non forzata. Anche nel proporre le attività abbiamo scelto questo approccio, perché nessuno si sentisse forzato a partecipare”.
Ora a San Biagio risiedono cinque ragazzi, inseriti all’interno del progetto SPRAR portato avanti dalla rete RTI Bonvena. È stato inoltre attivato anche un altro appartamento a San Pio X, destinato all’accoglienza di una famiglia formata da quattro persone (con due bambini molto piccoli). La permanenza in parrocchia dura sei/sette mesi in media, il tempo di presentare la domanda di protezione internazionale o di asilo.
Ma le relazioni che si creano in questi pochi mesi possono durare decisamente di più. E lo ha dimostrato la festa che i volontari hanno organizzato la scorsa settimana, cui hanno partecipato non solo gli attuali ospiti della parrocchia ma anche alcuni ragazzi che ora non risiedono più lì, ma stanno comunque portando avanti il loro percorso sul territorio brianzolo. Un’occasione per incontrare di nuovo le persone con cui si è percorso un tratto di strada. Nella cornice di una piccola, ma preziosa, storia di accoglienza.