di Daniela Zanuso
Libere di avviare una loro attività senza l’approvazione di un “tutore maschio”. E’ senza dubbio, un ulteriore passo avanti. Parliamo delle donne saudite, a cui il giovane e controverso erede al trono Mohammed Bin Salman, figlio prediletto di Re Salman, pare voglia concedere a poco a poco quei diritti che nel resto del mondo sono acquisiti da secoli.
Negli ultimi tempi le concessioni alle donne saudite sono state diverse. Si è cominciato con l’apertura di palestre espressamente dedicate a loro, con la concessione di poter frequentare lo stadio in giorni e spazi prestabiliti e infine con il permesso di poter guidare l’automobile. Una vittoria, questa, per il movimento femminile dell’associazione Women2Drive.
La battaglia verso l’emancipazione è iniziata diversi anni fa. Nel 2016 molte ragazze dell’Arabia Saudita scrissero in una lettera formale che è circolata anche su Twitter: «Caro re Salman, oggi il sistema impone troppi disagi fisici ed emotivi alle donne quindi ti chiediamo di abolire il sistema della tutela giuridica delle donne da parte di un uomo».
L’Arabia Saudita aderisce alla versione più rigida dell’Islam sunnita: il wahhabismo. In Arabia i diritti delle donne, nonostante le nuove aperture, sono ancora molto limitati.
L’attuale apertura vuole certamente essere un ammorbidimento delle rigide regole sociali vigenti nel Paese arabo, ma ci sono anche altre ragioni dietro queste scelte. Uno degli obbiettivi è sicuramente il desiderio di migliorare la reputazione all’estero e l’immagine di un Paese estremamente rigido, ma c’è anche un motivo di carattere economico.
E’ di pochi mesi fa l’annuncio di rilanciare l’economia con enormi investimenti: 500 miliardi di dollari per costruire un gigantesco e innovativo polo industriale sulle sponde del Mar Rosso. Energie rinnovabili, settore idrico, biotecnologie, alimentare, scienze tecnologiche e digitali, comparto dei media e dell’intrattenimento, quest’ultimo una vera novità per un Paese così conservatore. Forse qualcuno intravede la necessità che anche il gentil sesso faccia parte di questa “rivoluzione” quantomeno in termini di forza lavoro e che la loro presenza gioverebbe all’economia del paese.