di Daniela Annaro
Il 12 ottobre 1492 è passato alla storia come giorno in cui il marinaio di Cristoforo Colombo avvistò il nuovo mondo, Le Americhe. Quello stesso giorno, nella piccola Sansepolcro, in provincia di Arezzo, moriva Piero della Francesca “famoso pictore sepolto in Badia” come qualcuno scrisse nel Libro III dei morti della confraternita di San Bartolomeo a Borgo Sansepolcro. Un caso, un evento fortuito, forse. Di certo quel giorno finiva il Medioevo e iniziava l’Età Moderna. Piero della Francesca, con la sua complessa personalità di intellettuale, è tra i protagonisti di quel passaggio epocale.
“Monarca della pittura” lo definì il concittadino e amico Luca Pacioli con cui condivideva la passione per la matematica e la geometria. E attraverso l’amore per i numeri e per le forme che dobbiamo “leggere” tutte le sue opere. Piero si occupa di matematica fin dalla giovinezza, come gli storici del Novecento hanno appurato. Gli esordi sono nel borgo natale, Sansepolcro, allora centro strategico tra Toscana, Marche ed Umbria, poco distante da Firenze.
Nella città gigliata compie il tirocinio, diremmo oggi, nella bottega di Domenico Veneziano. Siamo , stando ai documenti nel 1435. Piero, presumibilmente ha tra i quindici e i vent’anni, perché se è documentata la data di morte non ci sono notizie precise su quella di nascita. Di certo, nel 1439, realizza con il Veneziano gli affreschi per la chiesa di Sant’Egidio a Firenze, affreschi andati perduti. Come non esistono più gli affreschi nel palazzo Apostolico in Roma, soppiantati dalle Stanze di Raffaello,i cicli di affreschi a Ferrara e tantissimi altri lavori eseguiti ad Ancona, Pesaro e Bologna.
Secondo lo storico dell’arte Roberto Longhi, la prima opera databile è una Madonna col Bambino.
La trasferta fiorentina segna il punto di svolta della sua originalissima ricerca, condizionata dallo studio delle opere dei maestri ( dal Beato Angelico al Masaccio) che lì incontra, confrontandosi con le teorie di Leon Battista Alberti, facendo proprio il sapere dell’architetto Filippo Brunelleschi.
E’ questo “mix” riletto con le sue riflessioni speculative sulla matematica, sul suo sapere teologico e filosofico che il grande Piero realizza capolavori che , oggi come nel passato, amiamo e apprezziamo.
Opere spesso di difficile lettura come il “Battesimo di Cristo”, il “Polittico della Misericordia“,la “Madonna del Parto”, la “Flagellazione”, l’intero ciclo della “Leggenda della vera croce”, la “Resurrezione di Cristo”. E, in tarda età, proprio quella complessità di saperi che lo porterà alla stesura dei trattati ” De prospecitiva pingendi ” e “De quinque corporibus regolaribus”.