di Marco Riboldi
Occorre sempre ricordarsi che è necessario prendersi dei tempi di approfondimento per riuscire, se non a capire, almeno a osservare con attenzione la realtà che ci circonda e che si presenta a noi come un dato continuamente cangiante e proprio per questo non facilmente inquadrabile in schemi fissi e consueti.
Propongo qui la lettura di due testi che, in modo diverso, possono aiutare a far sorgere in noi domande interessanti e possono indurci a confrontarci con le risposte che gli autori forniscono.
Partiamo proprio dagli autori: la prima è Chantal Mouffe, studiosa di origine belga, nota soprattutto per il testo scritto insieme a Ernesto Laclau (“Egemonia e Strategia Socialista”) che si dice ispirò il movimento spagnolo ”Podemos”. Qui prendiamo in considerazione il suo testo “Per un populismo di sinistra” (ed. Tempi nuovi, 2018).
L’altro autore è un maestro del pensiero di sinistra italiano, Mario Tronti, che pubblica un libro-intervista con Andrea Bianchi “Il popolo perduto – per una critica della sinistra” (Ed. Nutrimenti 2019).
“Per un populismo di sinistra” è un testo che riprende molte delle tematiche tipiche dell’autrice, una politologa post-marxista, che facendo tesoro, soprattutto ma non solo, della riflessione gramsciana, propone un superamento dell’”essenzialismo” del marxismo classico. In altre parole, postula la necessità di abbandonare i paradigmi troppo economicisti, sviluppando un pensiero che si occupa soprattutto delle istanze di democrazia ed eguaglianza, teoricamente propugnate dal neo liberalismo, ma in pratica mortificate dallo stesso sistema.
Il populismo, a giudizio di Chantal Mouffe, si sviluppa proprio a partire da questa mortificazione, che finisce per spaccare la società nel confronto di frontiera tra “popolo” e “oligarchia/élites”. L’incapacità delle oligarchie di recepire i bisogni popolari (ben al di là delle distinzioni abituali di classe) danno fiato ad istanze populiste che possono essere incanalate o in movimenti di destra , centrati su una ripresa identitaria nazionalista che esclude numerose categorie di “altri” considerati estranei e nemici, oppure in un movimento populista di sinistra che sappia restaurare e rafforzare la democrazia, riunendo le istanze e i bisogni in un “noi” collettivo capace di combattere le oligarchie.
Il populismo di sinistra, preso atto del nuovo clima sociale (il “momento populista” lo chiama la Mouffe) deve ripristinare i valori della democrazia liberale, costruendo una egemonia nuova, che trovi nel soggetto complessivo (società civile e società politica) il protagonista di un cambiamento di paradigma. Non si tratta di propugnare una alternanza di governo o di sognare una non più possibile rivoluzione. Si tratta di assumere le istanze più diverse, da quelle economiche e di classe a quelle di informazione, parità di diritti, attenzioni all’ecosistema…e farne un progetto di popolo.
Siamo alla gramsciana “riforma intellettuale e morale” che sappia conquistare l’egemonia dei progetti, delle necessità, del pensare collettivo. Chi conosce il testo “Egemonia …” citato all’inizio ritroverà qui il tema delle “equivalenze” tra le molteplici domande sociali.
Il testo sviluppa anche un’interessante analisi sulla dimensione “affettiva” del progetto politico e sociale, ma qui non è possibile soffermarsi. Non dirò che il testo mi convinca del tutto, ma mi pare comunque utile, per porre interessanti questioni che poi lo sforzo di ciascuno dovrà mediare con la realtà che ci circonda e con la concreta possibilità di azione politica (intesa nel senso più ampio del termine: qui ci sta anche una riflessione sulla informazione, o sulla educazione, o sugli stili di vita e di consumo…).
Passiamo al libro-intervista di M. Tronti, il cui autore, docente e due volte senatore, intellettuale di primo piano, è troppo noto perché se ne debba tracciare qui una pur sommaria biografia.
Il testo è stato definito un’arringa nei confronti di una sinistra che si è perduta.
In effetti si tratta di un’analisi cruda degli errori compiuti negli ultimi due/tre decenni da una sinistra che è stata travolta da alcuni fenomeni che sono stati letti in modo sbagliato.
Davanti a mutamenti economici e sociali che hanno scompaginato la società e i rapporti di classe come erano noti un tempo, la sinistra ha reagito sbilanciandosi verso un pensiero volto ai “soli diritti” e abbandonando il campo tradizionale dei bisogni.
Non si è accorta, o non si è fatta carico, della proletarizzazione del ceto medio e della conseguente plebeizzazione della opinione pubblica. Si è così rinchiusa in un limbo vagamente “progressista” fatto, più che di progetti politici, di buoni sentimenti, alimentati dalla convinzione che la fine del capitalismo di antico stampo (quello della contrapposizione tra classe operaia e capitale industriale), aprisse la strada a un mondo nuovo carico di opportunità per tutti, liberatorio e affascinante.
Questo ha provocato un progressivo allontanamento dal popolo, che non viene più compreso nelle sue esigenze quotidiane e viene allegramente abbandonato a chi sa farsi anche rozzamente carico delle istanze dei meno garantiti, salvo poi stupirsi quando le periferie sociali voltano le spalle alla sinistra e scelgono la destra, nazionalista o populista che sia.
Tra le cause, Tronti vede anche il cedimento a tentazioni giustizialiste e di antipolitica, nonché la rinuncia alla organizzazione vera di un partito forte e con un pensiero forte, scambiato con una vaga ispirazione che non incide sulla realtà e con la illusione che il consenso si costruisca più con l’azione di governo che con la costante presenza nel popolo.
Tutti temi ovviamente da approfondire, perché una presentazione così veloce non rende giustizia al lavoro di Tronti.
Resta almeno da riferire l’appello conclusivo alla ricostruzione di una realtà social-popolare da contrapporre a quelle nazional -populiste: secondo Tronti il tempo c’è ancora.
A noi dire se ci sono volontà e capacità.