di Fabrizio Annaro
Ho sentito tanti commenti ne ho letti altrettanti sono giunto alla conclusione che lo sport preferito dagli italiani sia commentare, partecipare, cioè dedicarsi a quell’esercizio infinito di dire la propria su qualsiasi fatto e notizia inerente alla politica, allo sport, alla moda, al costume, alle malattie, agli stili di vita. Insomma su tutto. Una volta in piazza Duomo a Milano si ritrovavano i pensionati. Erano nuvole di persone sparse qua e là che si muovevano per la piazza trascinando echi di parole e di ragionamenti su tutto e su tutti, politici in testa.
L’ordine del giorno di quei capannelli era sempre lo stesso: brevi cenni sull’Universo per sistemare il mondo il prima possibile! Bastava che qualcuno dicesse qualcosa, qualunque cosa dopodiché si scatenava una discussione animata ed infinita.
Oggi ci sono i Social. Puoi dire la tua su FB, su Istragram, annunciare iscrizioni a partiti con twitter, far sapere al mondo chi sei con Linkedin. Parentesi: la cosa che più stupisce è la banalità con cui si genera consenso. Quando chiunque posta su FB una foto con scritto “buongiorno” davanti ad un cappuccino ed una banale brioche si contabilizzano migliaia di likes. Quando invece trovi una persona che propone un ragionamento che approvi e condividi, magari un po’ complesso, non capisci perché non lo consideri quasi nessuno. La banalità del consenso! Chiusa parentesi
E allora proprio per confermare la vocazione alla partecipazione e al commento provo anch’io a dire qualcosa sull’esito del voto.
Chi ha vinto è euforico chi ha perso è nervoso. Quindi è difficile capire quello che accadrà. Serve ancora qualche settimana per comprendere veramente quale saranno le intenzioni dei partiti. In ogni caso il pallino è nelle mani del Presidente Mattarella.
Non è da escludere, vista la determinazione del Pd di non voler alcuna trattativa di governo, che si torni a votare oppure, ma il sentiero è irto e pieno di difficoltà, un governo Lega Cinque Stelle. Per il momento la parola d’ordine è parapiglia, cioè confusione.
Sull’esito del voto mi sento di dire solo una cosa: in verità il PD nel prossimo futuro avrà una grande possibilità. Nulla è scontato. Sapete perché? Se il Pd avrà l’umiltà di capire i motivi della sua debacle e di ripensare la sua attuale politica rinnovandosi nel rapporto con la gente, allora, si aprirà un’altra partita.
Fra i diversi motivi della Waterloo del Pd scelgo quello del lavoro. Concordo con il popolo dei commentatori: il Pd non è riuscito a fare una politica che attenuasse il disagio sociale e la disuguaglianza. Perché se è vero che i conti sono più in ordine e che il PIL è salito dell’1,5%, i beneficiari di questa crescita sono stati i garantiti e i ricchi. Gli utili delle società quotate in borsa sono cresciuti. Aumentati anche e di molto i dividendi delle grandi imprese e delle banche! I salari, invece, sono andati a picco e la precarietà è un tema dominante per giovani e famiglie.
La Germania insegna: è vincente farsi’ che governo, imprenditori e sindacati trovino un accordo su orario di lavoro, salari e luoghi della produzione. I tedeschi l’hanno fatto. Stanno meglio e sono molto più competitivi di noi. Servono alleanze.
Il debito non è un dogma. Vedi Giappone con oltre il 200% di debito su PIL e tassi di interesse tendenti a zero da almeno un ventennio. Quando è necessario il governo deve avere il coraggio di aumentare il debito e di farlo in modo intelligente non certo da spendaccione, ma con criterio! E’ accaduto in Germania, negli Usa e in molti altri paesi avanzati immediatamente dopo alla grande crisi del 2009. Era necessario ed è stato fatto.
Il Pd, (viva il senno di poi!) avrebbe dovuto utilizzare un maggior debito a costo di incorrere in qualche braccio di ferro con l’Europa la cui classe dirigente è annebbiata dal dogma del bilancio in pareggio e dall’ideologia del libero mercato.
Infine desidero sottolineare un semplice ma importante passaggio del discorso pronunciato sabato 10 marzo da Mario Del Pini, Arcivescovo di Milano, e rivolto ai sindaci di Monza e Brianza . Del Pini ha articolato il suo intervento sulla base di cinque parole in rima: cittadinanza, vicinanza, alleanza, lungimiranza e speranza.
“I cittadini, non sono -ha detto l’Arcivescovo- utenti, clienti, elettori, ma persone protagoniste della costruzione della comunità”. Parole semplici che dicono molto.