Lo scorso 1 febbraio, nel Regno Unito, un gruppo di ricercatori ha ottenuto l’autorizzazione necessaria per modificare geneticamente gli embrioni umani, la prima di questo tipo al mondo, che consentirà di portare avanti studi per comprendere meglio le cause che portano agli aborti spontanei e migliorare i sistemi per la fecondazione assistita, nelle intenzioni dei promotori della ricerca. Si tratta senza dubbio di un’autorizzazione molto importante che ha come presupposto l’esistenza della tecnologia denominata CRISPR-CAS9; con essa si è aperto un nuovo orizzonte nella storia della ricerca biomedica. Nove lettere e un numero che rappresentano una rivoluzione; si tratta infatti di un metodo che consente di riscrivere, correggendole, alcune lettere del nostro genoma. Una tecnologia geniale, semplice ed economica che apre oggi enormi possibilità di ricerca e chissà, un domani, se e quali prospettive di intervento medico.
Quando però si parla di embrioni umani è necessario procedere con tutte le avvertenze e cautele del caso, secondo procedure e ipotesi scientifiche controllate e validate. In Inghilterra sono stati affrontati questi delicati aspetti ed il loro impatto; in particolare queste questioni vengono affrontate da un’autorità specializzata sui temi di fertilizzazione e embriologia (Human Fertilisation & Embryology Authority, HFEA) che è anche competente a valutare i presupposti e le condizioni dei singoli progetti di ricerca sull’argomento.
In Inghilterra c’è anche una legge che consente le ricerche sugli embrioni sovrannumerari, altrimenti non utilizzati, che vengono invece donati per studiare e capire. Da oggi in Inghilterra c’è anche un’autorizzazione a modificare il DNA di quegli embrioni sovrannumerari, a patto che questi non vengano impiantati per dare il via a una gravidanza cioè utilizzati a scopo riproduttivo, per aumentare la conoscenza di base che è la premessa di ogni nuovo trattamento.
In Italia il ricercatore che si azzardi a derivare cellule staminali embrionali da embrioni in vitro e soprannumerari rischia la reclusione, proprio a causa delle norme così severe, ma occorre dire che si tratta delle stesse cellule staminali embrionali che la legge permette però di importare, per studiarle a beneficio di tutti). I ricercatori inglesi del Francis Crick Institute, svolgeranno un esperimento che dovrebbe coinvolgere, nella fase iniziale, 20-30 embrioni, per capire quali siano le ragioni per cui ogni 100 ovuli fecondati, meno di 50 raggiungono lo stadio di blastocisti, (si parla di blastocisti riferendosi ad una fase embrionale precoce del processo di embriogenesi, dal 4º al 14º giorno dopo la fecondazione e sono strutture di circa 200-300 cellule), mentre solo 13 arrivano al terzo mese.
Gli studiosi inglesi vogliono capire il perché di questo numero enorme di blastocisti-embrioni che la natura stessa scarta ed elimina. Ebbene, per capire cosa determina ciò i ricercatori useranno proprio la tecnica CRISPR-CAS9 con cui si “disattiverà’ un gene alla volta per capire quali sono quelli fondamentali per lo sviluppo embrionale. Le finalità sono quelle di capire cosa può portare a miglioramenti nella procreazione medicalmente assistita (PMA), oltre a farci comprendere di più dei primissimi stadi dello sviluppo. Ovviamente un miglioramento della probabilità di successo delle tecniche utilizzate, potrebbe voler dire meno cicli di stimolazione ormonale per le donne che vi si sottopongono, meno sofferenze, meno speranze frustrate e, magari, nuovi nati.
Ricordo solo che la percentuale di successo per la coppia che si sottopone alla inseminazione intrauterina (IUI) (PMA di 1 livello) è solo del 18% dopo stimolazione ormonale della paziente. Compito della informazione scientifica seria è quello di accompagnare la scienza e la società in un terreno reciproco di comprensione. Una ragione in più per regolare e non vietare la buona scienza, che non vuole certo attuare nuove pratiche di eugenetica, perseguendo invece gli imbonitori di turno (vedi il caso Stamina) che promettono cure miracolose approfittando della necessità di speranze dei malati che vivono in una condizione di fragilità e di sofferenza.
Roberto Dominici