Protagonisti dell’ accoglienza

Si è svolto lo scorso 2 febbraio ad Arcore presso le scuderie di Villa Borromeo l’ultimo incontro del ciclo Dobbiamo accogliere? promosso da RTI Bonvena insieme ad Aeris Cooperativa Sociale, all’interno del progetto Con altri occhi realizzato dalla cooperativa.
Anche l’ultimo appuntamento dell’iniziativa si è caratterizzato per la presenza di un folto pubblico di volontari, operatori e persone del territorio, a dimostrazione del grande interesse suscitato dalla tematica delle migrazioni. Dopo gli appuntamenti di Camparada, Lesmo e Villasanta, si è tornati a parlare di accoglienza dei migranti e sotto i riflettori sono stati posti progetti concreti di gestione dei richiedenti asilo sul territorio. Si può gestire (da protagonisti) l’accoglienza? Questa la domanda che ha fatto da filo conduttore del dibattito moderato dal giornalista Daniele Biella.

Ospiti della serata sono stati padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli di Roma, Michela Maggi, operatrice dell’accoglienza all’interno della Comunità montana della Valsassina e Claudio Amerio della cooperativa Crescere Insieme che opera nelle province di Alessandria ed Asti.

Se a Roma, come ha spiegato Camillo Ripamonti, i migranti accolti dal progetto Sprar sono dislocati per lo più in ‘centri medi’ , da 20-30 persone e l’accoglienza diffusa è realizzato per lo più all’interno delle congregazioni religiose, Michela Maggi e l’assessore alle politiche sociali Riccardo Mariani hanno illustrato il modello adottato nella provincia di Lecco in cui la stessa Provincia ha scelto di intervenire  direttamente nella gestione. E in cui numerosi comuni hanno accettato di accogliere piccoli gruppi di migranti nella quota del 3 per mille rispetto al totale abitanti: “In questo modo”, ha spiegato MIchela Maggi,  “l’impatto sul tessuto sociale delle singole realtà è minimo. Stiamo cercando di fare sistema per garantire un’ accoglienza di qualità, per esempio destinando una piccola parte dei contributi che riceviamo a un fondo di solidarietà, per avviare progetti aggiuntivi rispetto a quanto richiesto dal sistema Sprar”.

Un’esperienza di accoglienza e integrazione davvero originale è quella raccontata da Claudio Amerio: la creazione di una vera e propria azienda di agricoltura biologica insieme ai richiedenti asilo del progetto Sprar: “Non volevamo semplicemente offrire servizi ‘per’ le persone accolte, abbiamo voluto fare qualcosa ‘con’ loro. Siamo partiti a Canelli, terra di vigneti e (purtroppo) caporalato, e da terreni in abbandono. Ci siamo rimboccati le maniche, avviando un progetto di coltivazione che inizialmente finanziavamo coi fondi dello Sprar e ora si è trasformato in un’impresa vera e propria, in grado di autosostenersi.  Abbiamo provato a immaginare un futuro insieme, migranti e operatori, sul nostro territorio. All’inizio ci prendevano un po’ in giro, ora vengono dall’estero a studiare il nostro caso per le tesi di laurea”.

E anche oggi pregiudizi e paure su migranti e accoglienza sono duri a morire, alimentati spesso  da un racconto mediatico ‘distorto’.

“Occorre invece alzare la testa e guardarci intorno per davvero. Scopriremmo che quello delle migrazioni è un fenomeno complesso e mondiale, che tocca solo marginalmente l’Europa”, ha sottolineato Camillo Ripamonti, spiegando che solo il 6% dei migranti che si spostano nel mondo  arrivano nel nostro continente.

 In Italia a oggi lo Stato per l’ accoglienza dei migranti spende l’equivalente dello 0,7% del Pil e i famigerati 35 euro al giorno sono in gran parte reinvestiti su territorio, in primis negli stipendi degli operatori dell’accoglienza. Gli stranieri totali in Italia sono il 9,5% della popolazione: parlare di invasione è quantomeno eccessivo.

Le testimonianze portate dai relatori, ma anche dai rappresentanti di realtà locali come l’Associazione del Volontariato di Arcore, il Gruppo missionario giovani, il comune di Mezzago delineano un quadro inaspettato. Un quadro fatto di iniziative e progetti che, attraverso l’ accoglienza dei migranti, creano nuove opportunità sul territorio. Insomma , la sfida è creare una relazione vera con chi arriva. La sfida è porre le basi per  una vera integrazione. Trasformando il territorio che accoglie da spettatore passivo a protagonista dell’ accoglienza.

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