Pyotr Ilyich Tchaikovsky, musica ispirata dall’est ma scritta per l’ovest

ciajkovskijdi Alessandro Arndt Mucchi

Norimberga, 1828, un ragazzo di quindici o sedici anni viene trovato con addosso una lettera indirizzata al Capitano von Wessenig della cavalleria bavarese. Il giovane parla a stento, ma nella missiva è scritto che il suo sogno è quello di entrare nell’esercito per seguire le orme paterne. Il nome del padre? Ignoto, ma il giovane dice di chiamarsi Kaspar Hauser e di avere sempre vissuto in prigionia, a pane e acqua. La torbida e misteriosa vicenda di Hauser (che animerà l’opinione pubblica dell’epoca e sarà fonte d’ispirazione per scrittori, musicisti e cineasti) non è il centro di questo articolo, ma ci serve per parlare di quanto le condizioni in cui gli esseri umani crescono vadano ad influenzare il loro essere.

Quello di Hauser è forse il caso più famoso di umano nato al di fuori della società e poi tornato tra noi, ma non certo il più interessante dal punto di vista scientifico. Da quel 1828 a oggi sono registrate decine di episodi simili, con persone che vengono trovate nella loro adolescenza dopo un’infanzia passata ora in un branco di lupi, ora semplicemente da soli tra foreste e grotte. Sono casi di persone che si muovono sui quattro arti, che faticano a integrarsi nella società, e insomma ci mostrano come l’uomo abbia ben poco di magico al suo interno, e invece dipenda dagli stimoli esterni per la sua formazione.

Pyotr Ilyich Tchaikovsky viene visto dai suoi coevi russi come un traditore della tradizione, e se da un lato è inevitabile che serva del terreno fertile perché germogli qualcosa, dall’altro è altrettanto inevitabile che quel terreno debba essere concimato. Nel caso del compositore russo il concime è il suo percorso di studi, radicalmente diverso da quello nazionalista e autarchico del Gruppo dei Cinque (Balakirev, Cui, Borodin, Musorgskij e Rimskij-Korsakov), ed anzi quasi filo occidentale.

Dopo gli studi in legge che lo porteranno a intraprendere la carriera nella pubblica amministrazione, a vent’anni nel 1861 frequenta la neonata Società Musicale Russa (che germoglierà qualche anno più tardi nei primi conservatori della Russia imperiale) dove viene immerso nell’occidentalità cercata e importata dai suoi maestri, assorbendo caratteristiche compositive nuove e sganciandosi definitivamente dallo stile più istituzionale.

A voler credere nell’inesistenza del libero arbitrio potremmo togliere meriti a Tchaikovsky e semplicemente constatare la sequenza causale che lo porta ad esprimere la sua creatività in opere spettacolari, dall’orchestrazione stupefacente e dallo spirito abilmente in bilico tra tradizione slava e gusto occidentale, ma scienza e filosofia ancora si confondono sul tema e sarebbe correre troppo. Magari alle illuminate società del futuro sembrerà tutto molto ovvio e inevitabile, ma per il momento siamo costretti a ripiegare sul più attuale e intuitivo plauso al talento.

Un talento discusso come dicevamo, da est accusato di filo-occidentalismo, e da ovest di dire poco o nulla, ma di dirlo benissimo. L’accusa di essere tanto bravo nell’orchestrare da riuscire a mascherare la mediocrità compositiva ha radici evidenti e, come ogni accusa che viene mossa a Tchaikovsky, un fondo di verità. Difficile però liberarla dal preconcetto dell’epoca, come difficile (impossibile?) è sganciare l’astio dei russi nei suoi confronti dall’abituale diffidenza per noi occidentali che li caratterizza(va).

Per il Gruppo dei Cinque, Tchaikovsky è andato con lo zoppo e ha imparato a zoppicare, e solo possiamo immaginare il fastidio che avrebbero avuto a vederlo accompagnare i cartoni animati di Walt Disney, ma c’è anche di peggio: l’omosessualità del compositore non gli ha certo reso la vita facile in una Russia fortemente omofoba, tanto che alcune teorie (non particolarmente credibili) parlano di un suicidio imposto dall’alto, più che del colera.

Il 6 novembre del 1893 Tchaikovsky viene infatti trovato morto in circostanze non perfettamente chiare: il referto ufficiale parla appunto di colera dovuto ad un bicchiere d’acqua bevuto con sprezzo del rischio, ma i complottisti parlano di un suicidio imposto dallo Zar, o da una misteriosa corte d’onore della Scuola di Giurisprudenza, proprio per punire l’omosessualità. C’è addirittura chi parla della Pathétique come di un requiem, ma è probabile che la storia sia molto meno romanzata di così.

Cosa ne sarebbe stato di Tchaikovsky se non avesse studiato alla Società Musicale Russa e non si fosse avvicinato alla musica occidentale? Probabilmente non sarebbe diventato un compositore nazionalista come tanti altri musicisti russi dell’epoca, ma con uguale probabilità oggi non avremmo la sua musica ispirata dall’est, ma scritta per l’ovest.

 

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