da Giannella Channel
L’infanzia speciale dell’inventore e ingegnere elettrico serbo, naturalizzato statunitense, che i suoi ammiratori contemporanei arrivarono al punto da definirlo “l’uomo che inventò il Ventesimo secolo” e “il santo patrono della moderna elettricità”.
Dobbiamo a Nikola Tesla molte delle cose che usiamo ogni giorno: dalla corrente alternata ai motori elettrici, dalle trasmissioni radio al telecomando del nostro televisore. Persino il radar e l’aeroplano a decollo verticale sono farina del suo sacco. Aveva inventato anche un sistema capace di catturare quella che chiamava “energia cosmica”, una fonte di energia inesauribile, non inquinante e soprattutto gratuita. In pratica sarebbe una invenzione capace di cambiare la Storia del nostro pianeta. Per questo molti pensano che un giorno sarà considerato lo scienziato più importante del XX secolo. Come tutti i Grandi anche Nikola Tesla è stato bambino ma nel suo caso un bambino speciale, con curiosi poteri, quasi soprannaturali, degni di un vero e proprio apprendista stregone.
A formarlo così fu certo sua mamma Djuka, un mix di genialità contadina e di cultura cristiana. Djuka era in grado di citare a memoria interi brani della Bibbia. Guaritrice, ricamatrice e madre di cinque figli, allenava suo figlio a “vedere” il pensiero degli altri, cominciando dal suo. Era una forma di educazione alla telepatia. Una stranezza niente male per la moglie di un pastore della chiesa serbo-ortodossa di 150 anni fa. La microscopica chiesa dove esercitava suo marito, Milutin Tesla, e la casa che abitavano con i cinque figli, erano in un villaggio così piccolo, Smiljan, da non essere facilmente rintracciabile sulle carte geografiche. Tuttora Smiljan ha poco più di 400 abitanti che vivono nelle frazioni attorno alla chiesetta. Il sito era stato distrutto durante la guerra degli anni Novanta ed era già stato scenario di un massacro di serbi durante la Seconda guerra mondiale. Ora è stato restaurato a cura del Governo della Croazia ed è sede di un memoriale dedicato a Tesla e alle sue invenzioni.
Tuoni e fulmini di mezzanotte
Nessuno, al momento della nascita di Nikola, poteva immaginare per lui un futuro tecnologico e fantascientifico. Anzi i suoi primi anni di vita lo vedono crescere tra oche e galline, maiali e conigli. Questo contesto, confrontato a quello dell’infanzia di altri Grandi, è simile solo a quello di Leonardo da Vinci, nato in una casa non più grande di un pollaio. E Leonardo, come Tesla, è stato definito da alcuni biografi “un extraterrestre caduto sulla Terra”. Come a confermare questa diceria a un certo punto della sua vita Tesla capterà per primo messaggi radio provenienti dalla spazio profondo. Li definirà – sbagliando – di “origine marziana”. In verità Nikola era nato in una notte particolarmente magica e tempestosa tra il 6 il 7 luglio del 1856, così disturbata da fulmini e saette da non consentire di definire l’ora e il giorno esatto della sua nascita.
Smiljam nel 1856 faceva ancora parte dell’impero austroungarico, come Praga e Budapest, ma anche Trieste, Venezia e Milano. Da giovanotto troverà normale parlare tedesco, serbo e croato, ceco e poi latino, francese, inglese e forse altro.
I suoi genitori erano poveri ma in gamba. Papà Milutin era un bravo oratore, recitava versi a memoria, era abbonato a varie riviste e la biblioteca della chiesa non era affatto sguarnita. Voleva costruire una scuola di lingua serba e scriveva articoli per una rivista serbo-dalmata di Zara. Comunque è mamma Djuka che insegnava a Nikola a usare la testa in modo non convenzionale e non scolastico. Oltre agli esercizi di telepatia, lo costringeva a fare esercizi di memoria, a usare le parole giuste e a fare calcoli complicati senza carta e penna.
Pian piano il piccolo Nikola acquisì capacità davvero sorprendenti. Imparò a visualizzare oggetti nella sua mente, a progettare meccanismi complessi e a farli funzionale col pensiero. Non erano normali fantasticherie di un bambino. Creava persino personaggi che gli sembravano veri con i quali faceva conversazione, anche in altre lingue.
Era un super-potere fantastico, anche se molto strano. Sarebbe stata un buona cosa se Nikola non avesse cominciato a soffrire di strani disturbi collaterali. Veri e propri lampi accompagnavano le sue visioni, che non sempre erano volute e talvolta sgradevoli. Questi flash nel cervello nelle crisi più acute erano dolorosi e debilitanti. Soffrirà di questo fenomeno anche in età avanzata e non riuscirà mai controllarlo, tanto meno a spiegarlo. Nikola, nato durante un temporale, sarà accompagnato dai lampi veri e immaginari per tutta la sua vita.
Il futuro “domatore di elettroni”
Per il resto Nikola sembra un bambino normale. A quattro anni accade un piccolo evento che lo fa pensare. Mentre accarezza il gatto sente una scossa che ricorderà per sempre. L’elettricità è il suo futuro. Magrissimo, sempre più alto della media, si caccia nei guai spesso e volentieri per attrarre l’attenzione e forse l’affetto dei suoi compagni. Rischia di annegare più volte, si perde nei boschi e si ritrova inseguito da corvi e cinghiali. A cinque anni costruisce il suo primo motore. È un motore a “maggiolini”. Ne lega quattro a un pezzo di legno a forma di croce, in grado di ruotare su un perno e trasmettere il movimento a un grande disco a un disco più grande. I maggiolini si mettono in moto e il “motore” non si ferma più.
Il suo primo successo tecnologico lo ha nella vicina città di Gospic, dove la famiglia si è trasferita. È stata acquistata una nuova pompa per i vigili del fuoco. Tutta la città è presente all’inaugurazione. Dopo i discorsi ufficiali e gli inni patriottici suonati dalla banda musicale il tubo di aspirazione è messo nel fiume.
Ma la pompa si rifiuta di funzionare, tra l’imbarazzo di tutti. Non c’è nulla da fare, neppure i professoroni presenti riescono a sbloccarla. In mezzo alla confusione il piccolo Nikola si avvicina alla pompa, trova la soluzione, elimina il problema e l’acqua improvvisamente sgorga inondando sindaco, pompieri e molti abiti della domenica. Per un giorno è l’eroe della città.
A Gospic studia a più non posso e passa gran parte della sua adolescenza. Rimane affascinato da alcuni modellini di turbine ad acqua che gli vengono mostrati nel laboratorio della scuola.
Comincia costruirle anche lui, a casa, con quello che trova, lattine, pezzi di legno e vecchi chiodi. Suo zio lo prende in giro, lo considera tempo perso. Invece Nikola fa volare la fantasia e nella sua mente ne costruisce una, enorme, alle cascate del Niagara, in America. Anzi dice a suo zio che andrà negli Stati Uniti per realizzare questo progetto. Qualche anno dopo, tra un lampo e l’altro lo farà realmente. Sarà la prima centrale idroelettrica moderna.